Cannabis, non c’è reato se la coltivazione domestica non è destinata ad altri

CANNABIS

La Corte di Cassazione afferma il principio che la coltivazione in casa di poche piante non è reato se è esclusa la finalità di cessione a terzi

In caso di coltivazioni domestiche di poche piante di cannabis la rilevanza penale della condotta va ancorata all’accertato rischio per la salute pubblica e alla contribuzione al mercato illegale degli stupefacenti. È l’ultimo orientamento della Corte di cassazione contenuto nella sentenza n. 20238/2022.

Il valore delle sentenze della Cassazione

La singola sentenza della Corte di Cassazione ha certamente rilevanza, ma non è vincolante nel nostro ordinamento. Questo perchè la sentenza è comunque riferibile ad una singola controversia, e le controversie sono tutte diverse l’una dall’altra. Ciò vuol dire che i giudici che redigono le sentenze tengono presente le pronunce della Corte di Cassazione, ma possono discostarsene, perchè essi sono soggetti soltanto alla legge.

Il pronunciamento sulla cannabis

La Cassazione ha affermato che anche se le piante domestiche hanno raggiunto il grado di maturazione che supera la soglia minima di capacità drogante va accertato che vi sia un concreto rischio di immissione sul mercato illegale della droga con conseguente rischio per la salute pubblica. Ma una volta esclusa la finalità di cessione a terzi, la quantità di principio  (seppur alta) non ha rilevanza penale e viene considerato uso personale.