36 anni dopo Chernobyl le carni di cinghiale tedesche sono ancora contaminate dal Cesio-137

CHERNOBYL CINGHIALE

Sono passati esattamente 36 anni dalla catastrofe nucleare di Chernobyl e gli effetti si sentono ancora. È quanto emerge dalle analisi pubbliche tedesche che hanno trovato nelle carni di cinghiale livelli di Cesio-137 radioattivo troppo elevati.

Trentasei anni esatti. Sono quelli che sono trascorsi dal 26 aprile 1986, la data che molti di noi ricordano come quella del drammatico incidente di Chernobyl e della fuga di radioattività che solo qualche giorno dopo arrivò a togliere il sonno a tutta Europa.

Per la verità l’incidente era occorso alle 23:23 del 25 aprile (ora italiana), quando esplose il reattore numero 4 della centrale atomica Lenin, ma per leggere la notizia sui giornali italiani di una “Sciagura nucleare in Urss” (così titolava il Corriere della Sera, come ricorda oggi Massimo Sideri) si dovette attendere martedì 27 aprile. E da quel giorno si aprirono settimane di cronache, analisi su molte derrate alimentari, misurazioni ufficiali in tutti i paesi europei, paura diffusa per la nube radioattiva che viaggiava incurante della cortina di ferro e dei muri che dividevano in due il Vecchio Continente.

Oggi a 36 anni di distanza gli effetti di quello che è stato il peggiore incidente nucleare europeo si fanno ancora sentire, almeno secondo quanto si apprende dai risultati dei monitoraggi delle autorità tedesche, le più attive nei controlli dopo che una vasta zona della Germania fu contaminata dalla radioattività uscita dalla centrale di Chernobyl. E i risultati che hanno ottenuto lo scorso anno se da una parte tranquillizzano sullo stato delle acque e dei suoli tedeschi, fanno capire come e quanto durino le “scorie” di quella catastrofe a migliaia di chilometri dalla centrale ucraina.

Secondo i tecnici di Berlino, infatti, valori di contaminazione allarmanti sono ancora riscontrati nei cinghiali.

Perché i cinghiali

A causa delle loro particolari abitudini alimentari, i cinghiali occupano una posizione eccezionale in termini di valori di radioattività: 36 anni dopo Chernobyl, la loro carne è ancora chiaramente contaminata dal Cesio 137 radioattivo – spiegano le autorità – ma questo varia molto da regione a regione. Il motivo: i tartufi, fonte di cibo per il cinghiale, accumulano cesio dal suolo della foresta. In particolare nella Foresta Nera e nell’Alta Svevia, nella carne di cinghiale si trovano talvolta livelli di Cs-137 significativamente elevati.

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Non a caso, nel 2006 il governo statale, insieme all’associazione statale di caccia, ha istituito un sistema di monitoraggio della carne di cinghiale; per garantire che la selvaggina con livelli di Cs-137 al di sopra del valore guida di 600 Bq/kg non venga consumata, in alcune aree ogni cinghiale ucciso deve essere esaminato. Nelle altre parti del paese, i cinghiali vengono esaminati casualmente e vengono inviati in laboratorio anche campioni provenienti da ristoranti e macellerie.

Nel Baden-Württemberg, l’area più fortemente inquinata il valore standard di 600 Bq/kg è stato superato in 81 campioni (circa 16%) e la carne non è stata immessa sul mercato. I valori più alti sono stati riscontrati nei singoli cinghiali del distretto di Rastatt e del distretto di Biberach rispettivamente con 3.870 e 1.660 Bq/kg.

Le altre specie di selvaggina (es. capriolo) del Baden-Württemberg, fanno notare i ricercatori, non hanno mostrato livelli di Cs-137 superiori al valore guida di 600 Bq/kg negli ultimi anni.

La “memoria” di Chernobyl nei funghi

L’altro punto di interesse è ovviamente andato ai funghi selvatici, come i finferli, che in altre aree europee avevano mostrato valori di Cesio-137 elevati. Aveva fatto scalpore, per esempio, uno studio condotto in Svizzera tra il 2018 e il 2020 su 124 campioni, che aveva rilevato tracce radioattive in quasi tutti i funghi selvatici dei due cantoni dei Grigioni e del Ticino.

Dai dati tedeschi relativi ai controlli del 2021, per fortuna il contenuto di Cs-137 era ben al di sotto del limite di 600 Bq/kg (valore massimo: 51 Bq/kg). Anche se, c’è da dire che in questo caso i controlli sono stati limitati a solo 28 campioni di funghi selvatici della zona di raccolta nel Baden-Württemberg e delle importazioni dall’Europa orientale.