Il consorzio del Parmigiano Reggiano presenta i risultati del progetto sulle condizioni degli allevamenti, Ciwf Italia: “Il benessere animale deve includere pascolo e divieto della stabulazione alla ‘posta’.”
Il Consorzio del Parmigiano reggiano ha presentato i risultati del progetto sul benessere animale, a cui hanno aderito volontariamente 1.417 stalle (il 58% degli allevamenti che rappresentano il 72,5% del latte lavorato per produrre la Dop Parmigiano Reggiano) e 200 caseifici su un totale di 305 presenti nel territorio di Parma, Reggio Emilia, Modena, Mantova a destra del fiume Po e Bologna a sinistra del Reno. Il progetto consisteva nell’affidare a otto veterinari reclutati apposta il controllo e l’implementazione da parte delle stalle delle linee guida per il benessere animale stilate dal Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale (CReNBA).
Ciwf: si parla tanto di stalla ma poco di animali
Secondo Ciwf Italia, il disciplinare CReNBA fa una valutazione in base a una check-list fatta di indicatori specifici e rappresenta uno strumento per valutare lo stato della stalla. Prende in considerazione diversi fattori, tra cui management aziendale e del personale, strutture e attrezzature, biosicurezza e indicatori di benessere basati sugli animali stessi (numero di trattamenti per mastiti, pulizia degli animali, fuga dall’uomo, ecc.). Una volta compilata questa check-list e inseriti i dati in una piattaforma, il sistema restituisce una sorta di fotografia del livello medio di gestione dell’allevamento, benessere delle vacche e biosicurezza. Ma tra tracciare lo stato della stalla e parlare di benessere animale c’è molta differenza.
Niente pascolo e animali legati
“Da anni sosteniamo che la certificazione rilasciata dal CReNBA non garantisce che le vacche siano davvero in condizioni di benessere,” commenta Annamaria Pisapia, direttrice di Ciwf Italia. “Come si può parlare di benessere animale per delle vacche che non hanno accesso al pascolo? O addirittura che vivono legate? La certificazione CReNBA può essere considerata un punto di partenza, non certo d’arrivo.”
Le critiche al greenwashing del benessere animale
In un servizio del numero di maggio 2019 del Salvagente, le critiche alle linee guida CReNBA erano già state espresse da altre organizzazioni. Associazioni come Lav, Essere animali, Equal Animality e Ciwf hanno più volte documentato con immagini scioccanti, per esempio, le condizioni drammatiche dei suini negli allevamenti italiani. Secondo Gianluca Felicetti, direttore della Lega Anti-vivisezione: “Siamo di fronte a animal washing, alla stregua del green washing. Così come tutti i prodotti a un certo punto sono diventati ecologici e sostenibili, la stessa cosa sta avvenendo con i prodotti di origine animale riguardo il benessere. È marketing, non vi è logo o dicitura normata per legge”, spiega che Felicetti, che non è convinto neanche dell’azione del CReNBA, il Centro di referenza nazionale per il benessere animale, che stabilisce le linee guida al riguardo. Indicazioni che non sono vincolanti. “Nel momento in cui c’è il mancato rispetto delle leggi è impensabile che abbiano credito standard volontari” sostiene.
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Dentro le linee guida del CReNBA
Il CReNBA forma sia gli operatori addetti alla macellazione (obbligatorio per legge il rispetto di alcune regole per ridurre la sofferenza del capo), sia – su richiesta delle aziende – i veterinari che andranno a verificare il benessere animale in allevamento. Per farlo hanno a disposizione una scheda di diversi punti da rispettare (fino a quasi 90 per i bovini da latte), che riguardano temi come l’alimentazione, lo stato dei locali, la libertà di movimento, lo spazio necessario, la condizione di salute del bestiame. Per ognuna di queste voci è possibile segnare lo stato riscontrato come insufficiente, sufficiente o ottimale. L’allevamento si considera conforme se supera il punteggio minimo definito (60%).
E proprio sulla base delle indicazioni del CReNBA, il Csqa, uno dei maggiori organismi di controllo italiani, ha sviluppato un sistema di certificazione volontaria del benessere animale applicabile al settore delle carni bovine e del lattiero-caseario. Va chiarito che in conformità con quanto stabilito dal ministero, solo sulle carni bovine e suine, è possibile usare in etichetta rifermenti diretti al benessere animale, mentre per le carni avicole si possono usare claim di dettaglio, come “maggior spazio” o “allevato senza antibiotici”.
Il punto debole di questo tipo di meccanismo è che le verifiche sono affidate soprattutto al regime di autocontrollo, dunque non è difficile immaginare che i veterinari mandati dalla stessa azienda possano essere clementi di fronte a situazioni al limite.