Diritto allo smart working nel pubblico e nel privato, cosa cambia da aprile

smart working

Il governo ha deciso di cambiare le regole sul lavoro da remoto favorendo un ritorno alla normalità. Ma cosa è cambiato dal 1° aprile, con la fine dello stato emergenziale? Quali sono i diritti e i doveri di chi vuole ricorrere allo smart working? Vediamolo insieme

Lo smart working è stato, durante la fase più dura della pandemia, l’unica soluzione per milioni di italiani che consentisse di lavorare in sicurezza. Con l’allentarsi della pressione dei contagi su ricoveri e decessi, il governo ha deciso di cambiare le regole che erano in vigore dal 15 ottobre 2020 sul lavoro da remoto favorendo un ritorno alla normalità. Ma cosa è cambiato dal 1° aprile, con la fine dello stato emergenziale? Quali sono i diritti e i doveri di chi vuole ricorrere allo smart working? Vediamolo insieme.

Lo smart working per i soggetti fragili

A partire dal 1° aprile 2022 termina il diritto al lavoro da remoto, o in modalità agile, che era previsto dal Dl 18/2020. Niente più smart working come condizione di lavoro ordinaria per i lavoratori fragili. Comunque secondo l’articolo 10 del Protocollo sulla regolamentazione, “le Parti sociali si impegnano a facilitare l’accesso al lavoro agile per i lavoratori in condizioni di fragilità e di disabilità, anche nella prospettiva di utilizzare tale modalità di lavoro come misura di accomodamento ragionevole”. Dunque, non più un vero e proprio diritto ma l’accesso a una condizione facilitata.

Nel settore privato

Nel settore privato, fino al 30 giugno 2022 le comunicazioni di smart working nel settore privato vanno eseguite esclusivamente attraverso la procedura semplificata già in uso (per la quale non è necessario allegare alcun accordo con il lavoratore), utilizzando esclusivamente la modulistica (Template per comunicare l’elenco dei lavoratori coinvolti) e l’applicativo informatico resi disponibili dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Non sono ammesse altre modalità per l’invio della comunicazione. In ogni caso, la possibilità di attivare o meno lo smart working non è un diritto del lavoratore, ma il frutto di un accordo con il datore di lavoro, su modalità e obbiettivi, fatto salvo la parità di salario rispetto al lavoro svolto in ufficio.

Nel settore pubblico

Per quanto riguarda, invece, i dipendenti pubblici, gli accordi individuali e tramite sindacati rimangono obbligatori fino al 30 giugno. A dare le indicazioni su come possono essere messi in atto sono le apposite linee guida stilate dal ministero della Pubblica amministrazione. “L’adesione al lavoro agile ha natura consensuale e volontaria ed è consentita a tutti i lavoratori, siano essi con rapporto di lavoro a tempo pieno o parziale e indipendentemente dalla circostanza che siano stati assunti con contratto a tempo indeterminato o determinato” specificano le linee guida”. In ogni caso, nemmeno per i dipendenti pubblici esiste un diritto individuale allo smart working.

 

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