Quando parliamo di acrilammide, il contaminante di processo potenziale cancerogenoche si sviluppa dalla cottura da alte temperature di alimenti amidacei, pensiamo subito alle patate fritte, al pane in cassetta, ai biscotti, al caffè e all’orzo. Mai ci verrebbe in mente di dover fare attenzione anche alle olive.
E invece l’Ufficio di indagine chimica e veterinaria (CVUA) di Stoccarda ha scoperto la presenza di questa sostanza in cibi con olive annerite in livelli sorprendentemente alti. Mentre le olive nere verdi e maturate naturalmente mostravano solo tracce di acrilammide, il contenuto medio delle olive annerite andava da 300 fino a più di 1.000 microgrammi per chilogrammo. Per fare un confronto: il valore standard UE per le patatine fritte è di 500 µg/kg di acrilammide.
Una spiegazione possibile è il processo di ossidazione, che annerisce artificialmente le olive ancora acerbe in combinazione con un successivo trattamento termico (es. sterilizzazione di lattine o vasetti).
COSA SONO LE OLIVE ANNERITE
Oltre alle olive verdi raccolte acerbe e nere a piena maturazione, sul mercato ci sono anche le olive “annerite” che non prendono il loro colore scuro per maturazione naturale sull’olivo, ma per un processo di ossidazione volutamente operato in corso di deamarizzazione. La colorazione deve essere ottenuta con l’aggiunta di sali di ferro e attraverso additivi e stabilizzate, altrimenti il colore scuro sbiadirebbe durante la conservazione. L’uso di questi additivi deve essere elencato nell’elenco degli ingredienti, con la dicitura “Stabilizzante: ferro (II) lattato o E 585” o dalla dicitura “annerita”.
Le olive annerite trattate in questo modo hanno solitamente un colore nero intenso, mentre le olive nere naturalmente sono più di un colore dal marrone scuro al marrone-viola.
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DOVE SI TROVA L’ACRILAMMIDE
Nel suo parere del 2015, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare EFSA ha rilevato che l’acrilammide aumenta il rischio potenziale di cancro per i consumatori di tutte le età. Pertanto, i livelli negli alimenti dovrebbero essere mantenuti il più bassi possibile.
A titolo di esempio, utile anche per capire quali siano gli alimenti che contengono le dosi maggiori di questo contaminante di processo riportiamo i livelli di riferimento stabiliti in Europa. Una sorta di suggerimento che, è bene ricordarlo, non obbliga le aziende al suo rispetto, dato che non stabilisce sanzioni di alcun tipo.