L’ultima frode del pesce surgelato? Mascherare specie in via di estinzione

PESCE

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Un’indagine dell’Università di Oviedo ha portato alla luce una frode nell’etichettatura del pesce congelato – principalmente nasello e tonno – proveniente da zone di pesca africane. Lo studio rivela che la frode è quantitativamente bassa, ma qualitativamente importante perché colpisce specie in via di estinzione o non regolamentate, il che indica la pesca illegale.

Lo studio si è basato su un duplice approccio. Da un lato è stata condotta un’indagine sulle preferenze dei consumatori, con 1.608 persone, e dall’altro sono stati analizzati 401 campioni di pesce surgelato ampiamente consumato in Europa e nel mondo: tonno, nasello, acciuga e melù per mezzo di di amplificazione mediante PCR e sequenziamento di una serie di marcatori di DNA.

I risultati ottenuti hanno una doppia lettura. Il tasso di etichettatura errata è basso, solo l’1,9%, tuttavia, la sua implicazione è importante perché rivela l’uso di specie in via di estinzione e la pesca illegale.

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“I nostri risultati indicano una preoccupante frode intenzionale che ostacola l’obiettivo della produzione e del consumo sostenibili di frutti di mare e suggerisce di dare priorità agli sforzi di controllo nelle specie molto apprezzate”, afferma Noemí Rodríguez, ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Oviedo.

I ricercatori sono giunti a tre conclusioni rilevanti: un aumento del rischio di etichettatura errata su prodotti irriconoscibili; maggiori frodi in quelle specie ritenute più pregiate dal consumatore; e l’uso di specie in via di estinzione come Thunnus thynnus, novellame di tonno commercializzato come acciuga, e nasello Benguela, Merluccius polli, non ancora regolamentato come specie surrogata. Il problema non è solo economico: l’uso di specie in via di estinzione, come nel caso rilevato dai ricercatori spagnoli, è un problema per l’ecosistema.

Le truffe più frequenti

Il pesce spada, insieme al tonno, è tra i pesci di grande taglio ad essere più ricercati e allo stesso tempo più soggetti alle frodi. Il tasso di contraffazione aumenta anche per il fatto che queste specie sono vendute in tranci e ciò spesso rende ancora più difficile l’identificazione. Alcuni accorgimenti però possono aiutarci. Al posto dello spada spesso ci “rifilano” lo smeriglio, il marlin oppure la verdesca. “Il trancio dello spada – spiegava al Salvagente Valentina Tepedino, veterinario, direttrice di Eurofishmarket.it – si caratterizza perché il muscolo rosso (la parte più irrorata dal sangue) ha una forma di àncora e non raggiunge mai la pelle” come invece succede invece nel marlin il cui colore è decisamente più scuro rispetto al chiaro dello spada. Nello smeriglio invece il muscolo rosso assume una forma tondeggiante e posizionata al centro. “Qualora il trancio è spezzato a metà, l’àncora dello spada – aggiunge l’esperta – prende le sembianze di una mezza luna che non toccherà mai l’esterno della pelle”.

Sul tonno invece le frodi più che sulla sostituzione di specie si concentrano sull’utilizzo di additivi. Può capitare che venga spacciato un pinne gialle (la cui carne è molto rossa) per tonno rosso (più roseo) ma sono molto più diffusi i casi di contraffazione con additivi. Il succo di rape rosse è un ‘colorante’ fatto rientrare come ingrediente che però spesso viene impiegato per nascondere un trattamento chimico vietato: l’uso del monossido di carbonio che serve a mascherare la reale colorazione del prodotto”.

Una delle contraffazioni più difficili da smascherare è quella del filetto di cernia sostituito con la brotula o il pangasio.

Altro pesce incline a essere camuffato è la sogliola. “Nel fresco intero spesso assistiamo unasostituzione ‘interna’: viene spacciata una specie meno pregiata, come l’atlantica (Solea senegalensis), per la migliore vulgaris che costa il 30-40% di più. Nello sfilettato invece viene usato l’halibut, il pesce piatto più lungo al mondo visto che può raggiungere anche un metro”. L’occhio però in questo caso può aiutarci: “Il filetto di halibut – spiegava al Salvagente la Tepedino – è più spesso di uno di sogliola”.