Maxi multa a Monsanto: ha conservato illegalmente i dati personali di 200 giornalisti e scienziati

Monsanto ha conservato illegalmente i dati personali di oltre 200 personaggi francesi tra politici, giornalisti, ambientalisti e scienziati. Per questo motivo la Cnil, Commission nationale de l’informatique et des libertés, ha comminato alla multinazionale una sanzione pari a 400mila euro.

La vicenda culminata con la multa ha origini lontane: nel 2019 i media di tutto il mondo resero nota la lista degli “schedati”: oltre 200 persone che secondo Monsanto avrebbero espresso opinioni lesive della multinazionale. In quegli anni. il dibattito europeo sul rinnovo dell’autorizzazione all’uso del glifosato, il principio attivo dell’erbicida RoundUp tra i più redditizi di casa Monsanto, era in pieno svolgimento e la multinazionale era già finita sotto ai riflettori per aver cercato in tutti i modi di ottenere una conclusione favorevole. Una volta pubblicata la lista, la Commissione ricevette sette denunce, in particolare da persone interessate dal fascicolo.

Telefono, e mail e altro

Dalle verifiche effettuate dalla Cnil è emerso che il censimento era stato effettuato per conto di Monsanto da diverse società specializzate in pubbliche relazioni e lobbying. Ente di appartenenza, carica ricoperta, indirizzo professionale, numero di telefono fisso professionale, numero di cellulare, indirizzo di posta elettronica professionale e, in alcuni casi, l’account Twitter: erano tutte informazioni contenute nel fascicolo. Inoltre, a ciascuna persona era stato assegnato un punteggio compreso tra 1 e 5, al fine di valutarne l’influenza, la credibilità e il sostegno a Monsanto su vari argomenti come pesticidi o organismi geneticamente modificati.

La conclusione della Commissione è stata chiara: Monsanto ha violato le norme non informando gli interessati della registrazione dei loro dati nel file. Inoltre, la Cnil ha sanzionato il fatto che la multinazionale non avesse posto in essere le garanzie contrattuali che dovrebbero normalmente disciplinare i rapporti con un subappaltatore. Ha sottolineato che l’obbligo di informare le persone è una misura centrale all’interno del GDPR in quanto consente loro di esercitare i propri diritti, compreso il diritto di opposizione. Infine, ha osservato che questa violazione non è stata posta fine fino a diversi anni dopo l’attuazione del trattamento, dopo che diversi media ne hanno rivelato l’esistenza.

Necessaria l’informazione

La creazione di file di contatto da parte di rappresentanti di interessi a fini di lobby non è, di per sé, illegale. Tuttavia, questo file può includere solo persone che possono ragionevolmente aspettarsi, a causa della loro notorietà o della loro attività, di essere oggetto di contatti nel settore. Se non è necessario ottenere il consenso di queste persone, è necessario che i dati inseriti nell’archivio siano stati raccolti legalmente e che le persone siano informate dell’esistenza dell’archivio, al fine di poter esercitare i propri diritti, in particolare il loro diritto di opposizione.

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La Commissione ha osservato che le persone i cui dati personali erano stati raccolti non sono state informate dell’esistenza del fascicolo contestato fino al 2019, solo dopo che la sua esistenza è stata rivelata dai media. Tuttavia, in questo caso non era applicabile nessuna delle eccezioni all’obbligo di informare le persone previste dal GDPR. Gli interessati avrebbero pertanto dovuto essere informati del trattamento effettuato. Sul punto, la Cnil ha osservato in particolare che Monsanto aveva per quasi tutte le persone informazioni di contatto (indirizzo, numero di telefono o indirizzo e-mail) che avrebbe potuto facilmente utilizzare.

La Cnil ha inoltre ricordato che la mancata comunicazione agli interessati dell’esistenza di trattamenti lede necessariamente l’esercizio dei diritti loro conferiti dal GDPR. L’informazione è un diritto essenziale che condiziona l’esercizio di altri diritti (diritti di accesso, opposizione, cancellazione, ecc.) di cui le persone beneficiano: in questo caso, gli è stato impedito di farlo per diversi anni.