“Cargill, Bunge e Cofco hanno acquistato soia da un fornitore legato alla deforestazione in Amazzonia“. L’accusa alle tre multinazionali del cibo arriva da un’investigazione condotta in Brasile da Bureau of Investigative Journalism (Tbij), Unearthed e Repórter Brasil che hanno utilizzato immagini satellitari e documenti per scoprire come la soia è stata piantata su terreni che erano stati precedentemente posti sotto embargo, una forma di divieto governativo che impedisce agli agricoltori di coltivare su aree frutto di disboscamento illegale.
In particolare, secondo quanto riporta il quotidiano britannico The Guardian, Cargill, Bunge e Cofco avrebbero acquistato semi di soia dalla Fiagril di proprietà cinese e dalla multinazionale Aliança AgrÃcola do Cerrado, entrambi “presumibilmente riforniti da un agricoltore multato e sanzionato più volte dopo aver distrutto aree di foresta pluviale”.
Sono 15 km quadrati di foresta registrati a un agricoltore (multato più volte per aver violato le norme sulla protezione della foresta) che fornisce soia ad Aliança e Fiagril sottoposti a embargo nel 2019 dall’autorità di regolamentazione ambientale brasiliana Ibama dopo essere stato disboscato illegalmente. Utilizzando l’analisi satellitare di MapBiomas, Repórter Brasil ha stabilito che la soia è stata coltivata illegalmente su questa terra nel 2018 e nel 2019, nonostante l’embargo.
Questo fornitore, che ha sede nella regione di Marcelândia, nello stato brasiliano del Mato Grosso, secondo i registri visti da Tbij “avrebbe venduto soia a Fiagril e Aliança nel 2019 dopo l’embargo governativo sui terreni. Bunge ha acquistato soia da Fiagril, mentre Cargill e Cofco hanno acquistato soia da Aliança“.
Una circostanza che risulta ancora più grave se consideriamo che tutti i soggetti coinvolti, Fiagril e Aliança, così come Cargill, Bunge e Cofco, hanno firmato la moratoria sulla soia e si impegnano a non “vendere, acquistare e finanziare soia da aree deforestate nel bioma amazzonico dopo il luglio 2008″.
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Tuttavia le tre multinazionali, come riporta il Guardian, hanno smentito le accuse e, a diverso titolo, hanno dichiarato di non approvvigionarsi con soia frutto di deforestazione.