“Quel pomodoro era destinato all’estero”. La difesa di Petti lascia molti dubbi

pomodoro

Dopo il clamoroso sequestro effettuato dai militari del comando carabinieri per la Tutela Agroalimentare, insieme ai colleghi dell’Arma territoriale e Forestale, a Livorno, Petti risponde con una nota alle accuse di aver utilizzato del concentrato straniero per delle conserve di pomodoro vendute come italiane al 100%.

Petti: “Prodotti destinati all’estero”

Nella nota ricevuta dal Salvagente, l’azienda scrive che “presenterà nei prossimi giorni tutta la documentazione più dettagliata e completa per dimostrare la tracciabilità del prodotto semilavorato oggetto delle indagini e la conseguente richiesta di dissequestro della merce. In questo momento la priorità per la società è di verificare e chiarire tutti gli aspetti con le autorità preposte, in quanto la merce semilavorata industriale di provenienza estera, rinvenuta tra lo stock di prodotto toscano e italiano, stivati nei magazzini, viene regolarmente utilizzata come da altre aziende del settore conserviero per il confezionamento di prodotti a marchi terzi, destinati all’esportazione fuori dall’Italia. L’azienda ha piena fiducia nell’operato delle forze dell’ordine e non intende rilasciare ulteriori dichiarazioni finché le indagini non saranno concluse, nel pieno rispetto delle stesse”.

I dubbi sull’etichetta

La posizione dell’azienda, dunque, è quella di confermare la presenza di “merce semilavorata”, probabilmente concentrato di pomodoro, di provenienza estera, immagazzinata insieme al prodotto italiano, ma a differenza di questo destinata all’esportazione per conto di altri marchi. Quello che ci lascia perplessi è che, secondo quanto risulta al Salvagente, altre linee di produzione presenti nello stabilimento che in quel momento lavoravano per conto terzi non sono state sequestrate. L’azione dei militari, invece, ha interessato solo quella parte di produzione che durante l’irruzione avrebbe mostrato la lavorazione impropria di prodotti destinati al mercato italiano. “Da qui – spiegano i militari – si risaliva poi alla linea di imbottigliamento ed etichettatura, rinvenendosi migliaia di bottiglie di passata prodotte dall’inizio del turno giornaliero”. Sempre da quanto risulta al Salvagente, un altro aspetto che non avrebbe affatto convinto le forze dell’ordine è il fatto che le etichette delle conserve fossero scritte in italiano e non comparisse il concentrato come ingrediente.