Ffp2, l’antifrode UE indaga sulle CE 2163: proteggono davvero?

MASCHERINE FFP2

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Prima le U-Mask, poi le mascherine prodotte da Fca e distribuite nelle scuole. Adesso le FFP2 certificate dall’ente turco Universal Uygunluk Degerlendirme Hizmetleri ve Tic. A.Åž. (Universalcert): le attenzioni delle autorità giudiziarie (e non solo) si stanno concentrando sull’efficacia della mascherine divenute obbligatorie da indossare per contenere il virus. Nel mirino dell’ufficio Antifrode dell’Unione europea (Olaf) sono finite le mascherine certificate dall’ente turco riconoscibili con il numero identificativo CE 2163: secondo gli investigatori di Bruxelles, che hanno iniziato ad indagare perché insospettiti dall’alto numero di certificazioni emesse dall’ente, molte di queste mascherine non proteggerebbero a sufficienza.

Meglio chiarirlo subito: questo non significa che tutte le mascherine che riportano questo numero identificativo sono “farlocche”. Sarebbe stato utile, infatti, restringere il campo di attenzione dell’Olaf rendendo note oltre al codice identificativo dell’ente anche il numero di certificazione in modo da orientare il consumatore. Il perchè è presto spiegato, basta “solo” avere un pò di dimestichezza con la procedura di certificazione. Ci ha aiutato Michela Mechilli, amministratore unico di Sfap Srl che già ci ha aiutato in tempi non sospetti a fare chiarezza sulle mascherine U-Mask. 

“Il problema – ci spiega – non è l’alto numero di certificazioni rilasciate da Universalcert: in piena pandemia gli enti certificatori identificati dall’Unione europea, avevano, come è immaginabile, un sovraccarico di lavoro e i produttori si rivolgevano a quelli più veloci. L’ente turco era tra questi”.

Questo non significa automaticamente – aggiunge la Mechilli – che Universalcert non facesse controlli approfonditi ma mette piuttosto in luce una falla del sistema di certificazione che in piena pandemia era comprensibile, adesso non più. Come si diceva, gli enti certificatori sono stati individuati dall’Unione europea e questo ben prima (e a prescindere) dalla pandemia. La procedura, invece, prevede che dopo la fase di produzione e di controllo interno, il produttore invia all’ente un prototipo di mascherina e su quello ottiene la certificazione che può apporre su tutti i suoi prodotti. Ma – ed è questa la falla – se una volta ottenuta la certificazione il produttore cambia l’iter di produzione e i materiali e immette sul mercato una mascherina diversa da quella per cui ha ottenuto la certificazione nessuno può saperlo. Infatti non sono previsti controlli a obbligatori su altri lotti oppure delle ispezioni al sito produttivo: è tutto a discrezione del  del produttore/importatore e per questo è opportuno preferire produttori/importatori conosciuti e qualificati.

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