Bnp Paribas: “Non finanzieremo più chi produce o compra contribuendo alla deforestazione dell’Amazzonia”

Bnp Paribas annuncia che non finanzierà più le società che contribuiscono alla deforestazione in Amazzonia.  “Le istituzioni finanziarie esposte al settore agricolo in Brasile devono contribuire a questa lotta contro la deforestazione” ha dichiarato il gruppo bancario francese in una nota. La decisione arriva dopo che Bnp e altri istituti di credito europei tra cui Credit Suisse e la banca olandese Ing si sono impegnati il ​​mese scorso a interrompere il finanziamento del commercio di petrolio greggio dall’Ecuador dopo le pressioni degli attivisti che mirano a proteggere l’Amazzonia, che rischia anche a causa di una parte del made in Italy.

Non solo Amazzonia

Tornando all’ultimo annuncio, nello specifico, il gruppo bancario non finanzierà più società che producono o acquistano carne bovina e soia da terreni disboscati e riconvertiti ad allevamenti o pascoli dopo il 2008 in Amazzonia. Per quanto riguarda il Cerrado, altra zona fortemente a rischio in Brasile, Bnp Paribas vuole incoraggiare i propri clienti a non produrre o acquistare carne di manzo e soia da terreni bonificati o riconvertiti dopo il 1 gennaio 2020. Inoltre, la banca chiederà ora ai propri clienti la piena tracciabilità dei settori della carne bovina e della soia entro il 2025.

Ambientalisti insoddisfatti

Come riporta 20minute.fr, le Ong sono rimaste scontente. “La banca dice di essere pronta solo a incoraggiare e non costringere le aziende attive nel Cerrado”, ha criticato la Ong Reclaim Finance, ritenendo “troppo in là” l’obiettivo per il 2025. “Le uniche misure di esclusione immediate si applicano alle aziende che continuano a deforestare o convertire terreni in Amazzonia. Pochissime aziende sono quindi interessate”. “Bnp Paribas concede ai commercianti altri cinque anni per disboscare impunemente le foreste”, ha affermato Klervi Le Guenic di Canopee Forets Vivantes. All’inizio di febbraio, un sondaggio Global Witness ha puntato il dito contro diverse banche francesi, tra cui Bnp Paribas, per il loro finanziamento alle aziende agroalimentari responsabili della deforestazione. La banca ha detto all’Ong che tutti i suoi clienti in Amazzonia “erano certificati o impegnati in un processo di certificazione” per garantire le loro pratiche responsabili.

Ma anche i fondi pensioni investono nella deforestazione

Ma nella battaglia tra le popolazioni dei territori amazzonici e di altre aree a rischio deforestazione del Sud del mondo e le multinazionali che accaparrano le terre per produrre monoculture redditizie, c’è anche il ruolo pesante dei i fondi pensioni statunitensi e europei che investono nell’acquisizione, anche illegale, di vaste aree di terreni agricoli in Brasile, Argentina o Africa.

Il land grabbing

Il fenomeno del “land grabbing” (accaparramento della terra) è dunque portato avanti grazie anche ai risparmi degli ignari lavoratori. Il principale fondo a essere finito sotto accusa è il Teachers insurance and annuity association of America (Tiaa), che gestisce i risparmi pensionistici della maggior parte dei docenti e del personale dei college statunitensi e per molti dipendenti. Sebbene Tiaa si presenti come un investitore socialmente responsabile, si vanta di essere uno dei più grandi gestori di terreni agricoli a livello mondiale. Con le sue filiali in Brasile e in altri paesi, ha acquisito oltre 2 milioni di acri di terreni agricoli. Come raccontano le studiose di antropologia Meena Khandelwal e Laura R. Graham, entrambe docenti dell’Università dello Iowa, è provato che “Tiaa ha acquisito almeno una fattoria in Brasile da una società associata a una persona ritenuta, dai tribunali, proprietaria di terreni con titoli illegali”.

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Il Grillagem

Uno dei fenomeni maggiormente contestati in Brasile è il “grillagem”, un termine utilizzato per indicare la frode fondiaria. Anticamente, infatti, i grilli venivano utilizzati per mangiucchiare gli atti notarili falsi e dare l’impressione che fossero antichi. Al di là del metodo, quello di appropriarsi con documenti dubbi dei terreni coltivati da piccoli agricoltori è una pratica comune nei territori non urbanizzati del paese. Ma il problema non è costituito solo dalle appropriazioni indebite. Nel 2019, Altamiran Ribeiro, un attivista brasiliano per i diritti alla terra e rappresentante della Commissione pastorale della Chiesa cattolica per lo stato brasiliano nordorientale del Piauí, ospite dell’università John Hopkins di Baltimora ha raccontato che la regione è preda di acquisizioni internazionale perché ricca di minerali preziosi e anche minerali di ferro. Tra gli investitori, secondo ActionAid, c’è la solita Tiaa. “Stanno perdendo le loro terre – ha detto Ribeiro, parlando dei contadini – perdendo i loro semi e perdendo i loro mezzi di sussistenza, e perdendo i loro modi di vita, le loro culture e tradizioni”. L’area a cui fa riferimento Ribeiro è interessata dal progetto Matopiba, che prevede la conversione di vaste aree di savana in terreni agricoli compatibili con la soia da parte di imprenditori che poi vendono la terra a grandi aziende agricole.

Il ruolo dell’Europa

Anche l’Europa gioca la sua parte: il fondo pensione olandese Abp ha acquistato 45mila ettari in Mozambico da parte della Chikweti Forests of Niassa, sussidiaria di un fondo partecipato per oltre il 54% dallo stesso. Secondo l’Ong Fian international, le coltivazioni imposte di pini ed eucalipti hanno causato gravi impatti a danno delle popolazioni locali. Ma l’invadenza dei fondi d’investimento nell’accaparramento di terreni agricoli riguarda anche paesi al di qua dell’oceano Atlantico. Grain ha raccontato come anche in Ucraina, a partire dal 2014, il rovesciamento del governo abbia aperto la strada agli investitori stranieri e all’agrobusiness occidentale per prendere una salda presa sul settore agroalimentare. Le riforme imposte dal prestito garantito dall’Ue all’Ucraina includevano la deregolamentazione agricola intesa a favorire l’industria straniera. E infatti negli ultimi anni le società non ucraine hanno acquisito più di 1,6 milioni di ettari nel paese, andando di pari passo con l’espansione delle colture Ogm nel paese. Inoltre, nel giugno 2020, il Fondo monetario internazionale ha approvato un programma di prestito di 18 mesi da 5 miliardi di dollari per l’Ucraina. E secondo il sito web del Brettons Wood Project, contestualmente, il governo si è impegnato a revocare la moratoria di 19 anni sulla vendita di terreni agricoli di proprietà statale.

La maggiore consapevolezza dei consumatori cambia il gioco

A livello mondiale, ha detto la stessa Grain confrontando i risultati dei suoi due report (uno del 2011 e uno del 2018) le cose sono migliorate: “Il ritmo della conquista globale dei terreni agricoli – spiega l’associazione – è rallentato. La resistenza della comunità, la cattiva stampa e l’incompetenza degli investitori hanno svolto un ruolo nel ridurre la portata e il numero di accordi di terreni agricoli su larga scala nella maggior parte del mondo. Ma il fenomeno non è scomparso”. “Senza le iniezioni di denaro da parte dei gestori dei fondi pensione, la maggior parte dei fondi per i terreni agricoli in funzione oggi non sarebbe sopravvissuta né sarebbe nata” aggiunge Grain, invitando i risparmiatori a una maggiore consapevolezza.