Parchi gioco e cortili delle scuole in provincia di Bolzano riportano un elevato livello di contaminazione da pesticidi, causato dalla vicinanza delle coltivazioni intensive di mele e di vite trattate in modo massiccio con fitosanitari. A stabilirlo uno studio condotto dal Servizio sanitario altoatesino (che ha prelevato 96 campioni di erba), dal Ramazzini di Bologna e da Pan Europe che hanno analizzato e valutato i campioni raccolti in 24 siti (19 campi da gioco, quattro cortili scolastici e un mercato pubblico) distribuiti in tutta nella provincia autonoma (7 siti in Val Venosta, 8 in Val d’Adige, 6 in Bassa Val d’Adige e 3 in Valle Isarco). Il Sud Tirolo è tra le principali aree di produzione di mele e vino in Europa ed è una delle aree più esposte ai trattamenti fitosanitari se pensiamo che nel 2018 l’utilizzo medio dei fungicidi in questa area era di 24,1 kg/ha (ettaro), 13,0 kg/ha per gli insetticidi-acaricidi e di 0,8 kg/ha per gli erbicidi, mentre le medie nazionali nel 2018 erano rispettivamente di 3,55 kg/ha (fungicidi), 0,6 kg/ha (insetticidi) e 0,88 kg/ha (erbicidi).
Lo studio è stato appena pubblicato su Environmental Sciences Europe (scarica qui il documentale integrale) e lo hanno curato la dottoressa Fiorella Belpoggi, direttrice scientifica dell’Istituto Ramazzini di Bologna, Caroline Linhart, Simona Panzacchi, Peter Clausing, Johann G. Zaller e Koen Hertoge. Questo studio prende le mosse da uno analogo condotto nel 2017 nel quale si era dimostrata in primavera (periodo in cui avvengono in prevalenza i trattamenti sui frutteti e nelle vigne) la presenza nel 45% dei parchi (dai quali erano stato prelevati campioni di erba) di pesticidi. L’attuale studio invece era teso a valutare se questa contaminazione si verificasse anche nelle altre stagioni, come l’estate-autunno, quando avviene la vendemmia e la raccolta delle mele e in inverno, periodo di fondo meno esposto.
Belpoggi: “Contaminazione per deriva per vicinanza coltivazioni”
Spiega al Salvagente la dottoressa Belpoggi: “Lo studio non solo ha confermato che la contaminazione riguarda tutti i periodi dell’anno ma in alcuni casi la situazione è peggiorata segno che non sono state adottate misure adeguate. Un altro aspetto che emerge con forza dal nostro lavoro è sicuramente il tema della deriva per volatilizzazione e quindi della contaminazione accidentale: la vicinanza, a volte eccessiva visto che i vigneti sorgono anche a poche decine di metri dai centri abitati, delle coltivazioni alle aree sensibili espongono i cittadini ogni giorno dell’anno ai pesticidi, alcuni dei quali con profili di rischio davvero elevati”.
Vale la pena analizzare nel dettaglio i risultati ottenuti. Quasi tutti i siti (il 96%) sono risultati contaminati da almeno un residuo durante l’anno; nel 79% dei siti è stato riscontrato più di un residuo. Tra i residui rilevati, il 76% è classificato come sostanze attive endocrine – capaci cioè di alterare il sistema ormonale anche a dosi molto basse -, dove le concentrazioni più elevate sono risultati essere dell’insetticida clorpirifos metile (0,71 mg/kg), dell’erbicida oxadiazon (0,64 mg/kg) e dei fungicidi captan (0,46 mg/kg) e fluazinam (0,23 mg/kg). Per quanto riguarda la rilevazione stagionale, venticinque residui sono stati trovati nell’83% dei siti in primavera (concentrazione mediana 0,240 mg/kg), nove nel 79% dei siti in estate (0,092 mg/kg), tre nel 50% dei siti in autunno (0,076 mg/kg) e quattro nel 17% dei siti in inverno (0,155 mg/kg).
Il fungicida neurotossico, nemico dei bambini
Un’attenzione particolare deve essere dedicata al clorpirifos metile valutato come neurotossico per lo sviluppo cognitivo dei bambini, e per questo ribattezzato “nemico dei bambini”. Messo al bando in Europa dal 31 gennaio del 2020 (insieme al clorpirifos qual tale), in Italia è stato prorogato l’uso del metile per la campagna di raccolta delle pere. È stato dimostrato – si legge nello studio – che basse dosi di clorpirifos portano ad anomalie cerebrali nei feti e nei bambini e influenzano l’attività locomotoria, il comportamento e i sistemi neurotrasmettitori nei ratti”. A preoccupare è la capacita di questo principio attivo, insieme al fluazinam e captan, di alterare il sistema ormonale: “Purtroppo – prosegue la dottoressa Belpoggi – ci sono pochi studi, eccetto il nostro sul glifosato, che hanno studiato gli effetti a lungo termine dell’esposizione a dosi basse ma cominciamo ad avere conferme sulla portata degli effetti sulla salute umana”.
Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente
Come i bambini entrano in contatto con queste sostanze
I risultati ottenuti sono stati confrontati con gli Lmr, i Limiti massimi di residui ammessi negli alimenti, per avere un termine di paragone pur avendo considerato nello studio materiale non edibile. Sono stati considerati i limiti per la lattuga, spinaci e fragole. Confrontando i residui trovati nei campioni di erba con gli Lmr per questi tre prodotti alimentari, le concentrazioni riscontrate di clorpirifos (0,001 mg/kg) sarebbero stati superati fino a 71 volte del limite per gli alimenti, per fluazinam fino a 24 volte, per dodina fino a 23 volte, per captan fino a 15 volte, per folpet fino a cinque volte e per meptyldinocap fino a tre volte .
Naturalmente l’erba non si mangia, ma la domanda che poniamo alla dottoressa Belpoggi è: può esserci altra via di contaminazione?: “Naturalmente sì: i bambini giocano su questi manti erbosi, si sdraiano, toccano con le mani questa erba e quindi non possiamo escludere una via di contaminazione. Ma quello che mettiamo in evidenza è un altro aspetto: se troviamo questi livelli di contaminazione nell’erba, nelle mele coltivate nelle vicinanze, nell’uva delle vigne attigue, quanti pesticidi troveremmo?”. Naturalmente il sospetto è quello di una contaminazione altrettanto marcata.
“Linee guida Efsa sono poco protettive”
E allora ecco che nelle conclusioni gli autori scrivono: “I nostri risultati suggeriscono anche che le linee guida dell’Efsa, Autorità europea per la sicurezza alimentare, relative all’esposizione di operatori, lavoratori, residenti e astanti non sono sufficientemente protettive, perché basano la loro valutazione del rischio sulla volatilità, trascurando altri meccanismi di deriva, ad esempio attraverso il particolato. Pertanto, suggeriamo di includere studi sul campo, come il nostro studio, nella valutazione del rischio. Pertanto, raccomandiamo una riduzione complessiva dell’uso di pesticidi e miglioramenti nelle pratiche agricole come misure precauzionali per proteggere la salute umana e ambientale dall’esposizione incontrollata ai pesticidi”.