La Francia toglierà i nitrati dal prosciutto (addio al colore rosa). E in Italia i produttori “nascondono” il conservante

PROSCIUTTO NITRATI

Sono passati 5 anni da quando l’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro (Iarc) ha affermato pubblicamente, e senza essere smentita, che la carne rossa lavorata è da ritenere sicuramente cancerogena. I principali indiziati per i danni alla salute sono proprio i nitriti e i nitrati, usati come coloranti e conservanti, in grado di evitare la formazione del botulino. Ora il governo francese ha annunciato l’intenzione di vietare l’uso nitrati sul prosciutto cotto, con l’inevitabile conseguenza che i prodotti perderanno il caratteristico colore rosa, frutto esclusivamente di un abbellimento industriale. Il nitrato, infatti, insieme a sodio e potassio serve ad eliminare i batteri nocivi, e evita al prodotto di apparire bianco o grigiastro, come in natura.

Il disegno di legge francese

I deputati Richard Ramos, Barbara Bessot-Ballot  e Michèle Crouzet, dopo numerose audizioni (scienziati, industriali, esperti, società civile) guidati dalla missione parlamentare di informazione sui sali di nitrito nell’industria alimentare, hanno presentato un progetto di legge presentato sul “divieto progressivo di additivi nitrati nelle carni cotte”. “Con
4.000 tumori prevenibili all’anno attribuiti all’aggiunta di nitriti o nitrati nella dieta, l’Assemblea nazionale si è schierata dalla parte della salute nonostante le numerose pressioni dell’industria delle specialità gastronomiche”, hanno commentato Foodwatch, Yuka e la Lega contro il cancro un anno dopo aver lanciato una petizione congiunta che conta quasi 320.000 firme. Axel Kahn, un genetista a capo della Lega francese anti-cancro, ha infatti stimato che 4mila casi all’anno di cancro allo stomaco o al colon in Francia sarebbero attribuibili a una dieta a base di carne lavorata, e che circa l’80% dei salumi francesi contiene nitrati o nitriti.

Etichettatura chiara sulla carne lavorata

Il disegno di legge prevede il divieto di nitriti e nitrati aggiunti nelle carni lavorate: nel 2023 per le carni crude, come il prosciutto crudo appunto, e nel 2025 per le carni cotte. Fino ad allora, un’etichettatura chiara sulla carne trasformata contenenti nitriti o nitrati dovrà specificare: “Contiene nitriti o nitrati aggiunti e che possono favorire il cancro al colon-retto”. Nell’etichetta si dovrà indicare anche la quantità di additivi utilizzati. La legge riguarda anche gli additivi nitrati da brodi vegetali ricchi di nitriti e nitrati in modo che i produttori non possano “aggirarlo tramite questo metodo alternativo che pone gli stessi problemi di salute rispetto ai nitriti e ai nitrati “classici”.

L’inchiesta del Salvagente sui trucchi italiani

E proprio ai nitrati di origine vegetali, il Salvagente nell’aprile 2018 aveva dedicato un’inchiesta, a partire dall’utilizzo di claim a base di parole come come “naturale”, senza “nitrati aggiunti”, sulle confezioni. Da alcuni anni, infatti, il vero business del marketing alimentare si gioca sulla parola “senza”: la mancanza, tra gli ingredienti, di sostanze dannose fornisce un valore aggiunto al prodotto, che si traduce spesso in prezzi più alti. Vale anche per i salumi “senza nitriti e nitrati”, o più genericamente “senza conservanti” che cominciano a farsi spazio tra gli scaffali dei supermercati, talvolta in barba alla verità e agli stessi obblighi di legge.

Le ragioni del marketing

Secondo Roberto Pinton, segretario di Assobio e esperto di agroalimentare, “nella maggior parte dei salumi i nitriti e nitrati hanno un effetto solamente estetico, servono a mantenere il colore rosso vivo, ma non hanno nessun effetto tecnologico utile perché il botulino non si sviluppa nei prodotti che hanno un pH inferiore a 4,6, i salami che sono fermentati non possono avere sviluppo di botulino”. Dunque, c’è una parte di salumi che non avrebbero bisogno di nitriti e nitrati, ma li contengono per ragioni estetiche: “Tu non puoi vendere il prodotto, soprattutto quello già affettato, marrone, perché nessuno te lo comprerebbe” spiega l’esperto.

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I nitrati naturali

Ci si chiede, allora, come facciano i prodotti che vengono pubblicizzati come “naturali” a mantenere un colorito attraente, e qui si scopre uno stratagemma poco trasparente nei confronti dei consumatori. “Ci sono delle aziende che facendo un’operazione, secondo me squallida – dice Pinton -scrivono ‘senza nitriti e senza nitrati’, e aggiungono al prodotto concentrati di erbe che hanno concimato all’ira di dio. Ma siccome la concimazione sviluppa azoto, la pianta è piena di nitriti e nitrati, però tu tecnicamente non stai aggiungendo questi, ma solo erbe”.

Alcuni esempi

Nel 2018, avevamo preso come esempio la linea Naturals di Rovagnati, che comprende prosciutto crudo e cotto, mortadella e salame. L’azienda parlava di prodotti “senza alcun additivo o coadiuvante di origine chimica, e ‘0% nitriti artificiali’, poiché non è fatto uso di nitriti di sintesi chimica”, ma  prometteva zero nitriti in assoluto, glissando sulla presenza di nitriti di origine vegetale. Nove mesi dopo la nostra inchiesta, l’azienda esce finalmente dall’ambiguità: “La linea Naturals (GranCotto, crudo, mortadella, salame e GranCotto arrosto) – che già aveva eliminato i nitriti di origine artificiale – fa un passo in più, facendo a meno anche dell’impiego di nitriti di origine vegetale. Infatti, Naturals – scrive l’azienda sul suo sito – utilizza ingredienti naturali totalmente privi di nitriti e nitrati che, in sinergia tra loro, permettono di avere un prodotto assolutamente salubre, avente le stesse garanzie di sicurezza dei prodotti trattati con nitriti. Questo traguardo è frutto di un progetto lungo oltre due anni che Rovagnati ha condotto in collaborazione con diverse Università e Istituti scientifici”. Non cambia molto invece quanto pubblicizza Fiorucci per il prosciutto cotto della lina Naturissimo: “Frutto di un processo di ricerca e sviluppo che ha portato all’utilizzo di solo conservanti ed antiossidanti di origine vegetale”. Purtroppo, di per sé la frase non è garanzia dell’assenza di nitrati.

Va detto, anche che la circolare del ministero della Salute n.36275 del 12 settembre 2017 ha chiarito che in etichetta vadano indicati tutti gli additivi, anche se si tratta di fibre vegetali o di estratti di originale vegetale, e che in tal caso non sia possibile usare al dicitura: “senza additivi”. E del resto, Sulla base di quanto disposto dalla Commissione europea nella nota del 12 gennaio 2007 “Utilizzo di estratto di spinaci ad alto contenuto di nitrato nei prodotti a base di carne”, si configura come utilizzo deliberato di additivo alimentare, qualora l’estratto di spinaci o di altri vegetali sia utilizzato con lo scopo tecnologico finalizzato alla conservazione del prodotto finito. Insomma, la normativa ha sicuramente limitato l’abuso di promesse eccessivamente fuorvianti, anche se rimane la vaghezza di molte etichette rispetto ai nitrati.

L’obbligo di contenere nitriti

Eppure, La normativa italiana, infatti, non risparmia contraddizioni: rende infatti obbligatoria la presenza di nitriti (ad eccezione del prosciutto cotto destinato a ulteriori trasformazioni) nei prodotti denominati “prosciutto cotto”, “prosciutto cotto di alta qualità” o “prosciutto cotto scelto”, vietando solo la presenza di nitrati. “Ma i nitrati diventano pericolosi proprio trasformandosi in nitriti!” sbotta Pinton, “il divieto dei primi è stata una via di mezzo per accontentare l’industria, più fumo che arrosto”.  Per quanto riguarda gli altri salumi, invece, nessun obbligo di inserire nitrati o nitriti, tanto che i prosciutti crudi a lunga stagionatura ne fanno totalmente a meno, come i Dop prosciutto di Parma e San Daniele, e alcune eccellenze a marchio Coop: prosciutto crudo stagionato Origine, prosciutto crudo stagionato, culatello Fior Fiore, e Culatta Fior Fiore.  Rimane del tutto aperta, dunque, la questione di una legislazione italiana che rischia di fare da “tappo” allo sviluppo di conservanti alternativi ai problematici nitriti e nitrati. “L’Europa, infatti, non obbliga ad usare queste sostanze – conclude Pinton – e del resto il vero obiettivo è quello di tenere sotto controllo la carica batterica. Così si rischia di disincentivare la ricerca tecnologica dell’industria alimentare per sostituire nitriti e nitrati”.