La marcia del coronavirus SARS-CoV-2 prosegue senza sosta tra gli allevamenti di visoni in Europa. E continua a oltrepassare le frontiere. In questi ultimi giorni in Grecia sono stati individuati altri 4 focolai che si aggiungono al primo segnalato solo pochi giorni fa; e almeno 16 lavoratori risultano anch’essi infettati. Accertamenti con sequenziamento del genoma sono in corso per comprendere la linea di contagio ossia se, oltre ad avere introdotto il virus negli allevamenti (unica certezza ad oggi circa la causa di infezione nei visoni), gli operatori sono stati a loro volta contagiati dai visoni (spillover inverso).
In Svezia i focolai accertati sono passati da 1 allevamento infettato (segnalato il 23 ottobre all’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale) a 13. Anche in Svezia sono in corso accertamenti per verificare se gli allevatori malati di Covid-19 hanno contratto il virus dai visoni.
Mentre i focolai accertati in Danimarca (dove il governo ha già deciso di abbattere 17 milioni di visoni e vietare l’allevamento per almeno tutto il 2021) sono quasi triplicati in un solo mese (283 ad oggi contro i 101 del 16 ottobre), anche la Polonia (che con 6 milioni di visoni è il terzo produttore mondiale di pellicce dopo Cina e Danimarca) finalmente questa settimana ha deciso di avviare uno screening con test diagnostici: al momento risultano però effettuati solo 200 campioni su 5 allevamenti dei 350 presenti nel paese. Un importante inizio comunque, considerato che i rappresentanti di categoria e alcuni allevatori hanno protestato negando l’accesso negli allevamenti ai servizi veterinari per testare i loro animali!
La situazione è ormai evidentemente fuori controllo, in tutta Europa dichiara la Lav. I singoli allevatori non sono in alcun modo in grado di garantire condizioni di biosicurezza in queste strutture per gli animali che sfruttano per la produzione di pellicce.
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I visoni invisibili in Italia
In Italia, dopo il caso nascosto scoperto dalla Lav, in questi giorni sono in corso test diagnostici in almeno un allevamento di visoni in Abruzzo (Castel di Sangro), a seguito di un sopralluogo dei Carabinieri del Nas, ma solo dopo che la Lav ha denunciato violazioni da parte di operatori in altre strutture alle minime disposizioni di biosicurezza (come indossare dispositivi di protezione individuali per evitare l’introduzione del coronavirus tra la popolazione di visoni).
“Nonostante la evidente ed inarrestabile diffusione del coronavirus tra i visoni di tutta Europa, e con alcuni casi positivi anche in Italia già ad agosto (episodio reso pubblico dalla LAV), e nonostante i documentati casi di salto di specie uomo-visone-uomo con un virus mutato (fatto segnalato anche dall’Agenzia Europea per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie, ECDC, nella Valutazione Rapida del Rischio rilasciata il 12 novembre), il Governo italiano non ha ancora dato alcun segnale di volere chiudere definitivamente questi allevamenti. L’allevamento di visoni per la produzione di pellicce oltre che essere crudele per gli animali è oggi anche pericoloso per la salute pubblica. L’inerzia del governo è irresponsabile”. Dichiara la LAV.
In Italia sono ancora attivi 8 allevamenti di visoni, tra Lombardia, Veneto, Emilia Romagna ed Abruzzo ed ognuno rappresenta un potenziale serbatoio del coronavirus.