Fao: “Il cambiamento climatico rende meno sicuro il nostro cibo”

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Il cambiamento climatico mette a rischio la sicurezza alimentare, favorendo l’insorgenza di contaminanti microbiologici, come le micotossine sulla terra e le tossine marine da fioriture di alghe nocive, la conversione del mercurio in metilmercurio e e il suo bioaccumulo nei sistemi acquatici, e incentivando un maggiore accumulo di arsenico nel riso. L’aumento delle temperature inoltre stimola l’utilizzo di maggiori pesticidi perché “scatenando” i patogeni (si pensi agli sciami di locuste nel Corno d’Africa) inducono i produttori a un maggior ricorso di insetticidi.

I legami tra i cambiamenti climatici e la sicurezza alimentare del cibo che portiamo in tavola sono indagati da uno studio appena pubblicato dalla FaoClimate change: Unpacking the burden on food safety​​ – e curato da Keya Mukherjee e Vittorio Fattori. I cambiamenti climatici, spiega lo studio, possono avere un impatto diretto su vari contaminanti negli alimenti – da inquinanti chimici come pesticidi, micotossine e biotossine marine a rischi microbiologici come agenti patogeni e parassiti – alterando il loro schema di comparsa o virulenza. “I funghi micotossigeni – ha spiegato Mukherjee a Foodnavigator – possono influenzare le colture di base come i cereali, gli agenti patogeni di origine alimentare possono essere trovati nella carne, le tossine marine e il metilmercurio può essere presente nei frutti di mare. È difficile generare un elenco delle materie prime più a rischio, il che a sua volta sottolinea l’importanza di mantenere tutto il nostro cibo al sicuro dagli impatti climatici”.

“Il cambiamento climatico – ha proseguito – sta espandendo la distribuzione di funghi tossigeni e specie algali produttrici di tossine in aree diverse da quelle in cui sono state tradizionalmente osservate. Queste aree sono spesso impreparate per le sfide economiche, di salute pubblica e di gestione della sicurezza alimentare associate a questi contaminanti”.

I contaminanti chimici associati alla vita vegetale sono solo una parte del problema, hanno osservato i ricercatori. “Ci sono anche alcune prove di una maggiore esposizione ad altri contaminanti chimici come i metalli pesanti. Ad esempio, la conversione del mercurio in metilmercurio e il suo bioaccumulo nei sistemi acquatici sembrano dipendere da fattori determinati dal cambiamento climatico come il riscaldamento degli oceani e l’acidificazione. Un maggiore assorbimento di arsenico nelle colture di base come il riso è stato documentato in condizioni di aumento della temperatura del suolo e dell’aria”.

C’è poi un rapporto indiretto tra l’aumento delle temperatura e l’utilizzo di pesticidi. Se infatti i cambiamenti climatici possono scatenare vere e proprie invasioni di insetti – pensiamo alle locuste in Africa ma anche l’arrivo di patogeni “esogeni” come ad esempio l’attacco di mosche ai pereti in Emilia-Romagna – queste criticità spingono gli agricoltori a utilizzare maggiori insetticidi.

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Le soluzioni? “Uno degli obiettivi principali della nostra pubblicazione – ha concluso l’esperto della Fao – è stato quello di portare alla luce questi collegamenti con la speranza che aiuterà nella formulazione e nel progresso delle politiche globali che facilitano soluzioni per produrre alimenti sicuri sotto la minaccia del cambiamento climatico. È anche importante promuovere la consapevolezza e la conoscenza tra i consumatori in modo che possano fare scelte informate e più sane per se stessi e le loro famiglie”.

Fattori e Mukerjee hanno anche sottolineato la relazione tra sicurezza alimentare e spreco alimentare. Attualmente, circa un terzo del cibo che produciamo viene sprecato: se lo spreco alimentare fosse un paese, sarebbe il terzo più grande emettitore di carbonio del mondo, dietro solo agli Stati Uniti e alla Cina.