Barilla presenta ai consumatori una scelta strategica che suona anche come una scelta di campo: il grano usato per i formati classici è oggi al 100% italiano. L’azienda lo annuncia con “il manifesto del grano italiano“, in cui spiega che “già nel 2018 l’80% del grano duro utilizzato dai nostri stabilimenti in Italia proveniva dal mercato nazionale”. Barilla spiega che per riuscire a produrre solo col grano italiano ha offerto “strumenti innovativi e una collaborazione continuativa”, per “un grano duro di qualità prodotto interamente in Italia”.
La guerra dei grani
Il sottinteso è la discussione sulle posizioni sostenute da molti big della pasta industriale, tra le cui fila fino a pochi anni fa c’era la stessa Barilla, secondo cui per fare un prodotto di alta qualità , è necessario mescolare il grano italiano con altro che arriva dall’estero, in quanto le varietà locali sono insufficienti e non sempre all’altezza.
Lo spot De Cecco a favore del grano straniero
A sostenerlo, per esempio, è De Cecco, che con una pubblicità dice: “Non basta un solo grano per fare una grande pasta”, aggiungendo che “le caratteristiche di eccellenza non si possono trovare in una sola varietà di grano” e spiegando: “selezioniamo il grano italiano per il sapore, il grano californiano e dell’Arizona per la quantità e la qualità delle proteine, che rendono la pasta al dente, tenace ed elastica”. È proprio l’elasticità del prodotto, dovuta a una quantità maggiore di glutine (che però lo rende meno digeribile) a difettare in alcune tipologie di grano tradizionali italiano.
Barilla risponde ai dubbi
Ma Barilla risponde ai possibili dubbi: “Per fare una pasta eccellente ci vuole un grano duro di qualità , ma da solo non basta. Ci vuole anche il saper fare del mugnaio e del pastaio, che determinano le scelte migliori per la macinazione, l’impastamento, la trafila e l’essiccazione”. Come a dire che con la tecnologia si superano i limiti del grano. Forse è per questo che la pasta della nuova linea 100% grano italiano (spaghetti, fusilli, mezze maniche e penne rigate) sarà più spessa.
L’origine del grano usato da Barilla
Il grano utilizzato da Barilla per la linea classica viene da 13 regioni italiane (ma l’azienda non specifica quali), “da Nord a Sud”, utilizzando tra le diverse anche “4 varietà di grano duro esclusive che si adatto alle diverse zone d’Italia”. Inoltre Barilla spiega di essersi impegnata a comprare il grano sempre il più vicino possibile ai mulini e ai pastifici utilizzati (a patto che la qualità non ne risenta), per garantire sostegno alle comunità locali. Tra le promesse dell’azienda, premi ai fornitori che aumentano la qualità del grano e che riducono inquinamento e impiego di risorse. I prossimi mesi e i prossimi anni ci diranno quante di questi impegni saranno mantenuti, e se gli italiani gradiranno il sapore della linea con grano 100% italiano di Barilla. Per ora, di certo, c’è solo che uno degli attori più importanti della pasta a livello mondiale, almeno per il mercato italiano, ha deciso di investire sul prodotto locale.
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De Cecco: “Nessun legame tra glutine e digeribilità ”
L’azienda di Fara San Martino ci ha inviato una nota del suo ufficio legale per contestare alcune delle nostre affermazioni. La riportiamo integralmente.
“Ritenere che ricorrere a grani anche esteri equivalga a dire maggior presenza di glutine nella pasta e di conseguenza maggior difficoltà di digestione è affermazione grave, arbitraria e priva di alcuna evidenza scientifica.
Nessuno studio condotto negli ultimi dodici anni ha mai evidenziato che la maggiore quantità di glutine presente in una determinata pasta comporti un decremento della sua digeribilità . Anzi, molti vegetariani utilizzano come fonte di proteine il seitan, un impasto altamente proteico ricavato dal glutine di grano consumato da millenni come sostitutivo della carne. Se fosse vero quanto riportato nell’articolo, chi consuma questo tipo di prodotto dovrebbe avere significativi problemi di digeribilità . Così non è: una maggior presenza di glutine non equivale a dire non digeribilità .
A riprova dell’arbitrarietà ed infondatezza della suddetta affermazione, nel caso della pasta De Cecco, la asserita maggiore presenza di glutine rispetto al competitor menzionato (la Barilla, ndr) nell’articolo è irrilevante e dunque non tale da comportare una minore digeribilità del prodotto rispetto a quello del competitor.
Inoltre, anche il processo di essicazione della pasta ha un impatto significativo sulla digeribilità delle proteine dell’alimento: se il ricorso alla essiccazione ad alta temperatura presenta un impoverimento del contenuto proteico, sia per la perdita di lisina (un aminoacido essenziale), sia per l’insolubilizzazione delle proteine a causa del calore a cui è sottoposta la pasta, l’essiccazione lenta a bassa temperatura permette di preservare maggiormente i nutrienti di cui è ricca, con la conseguenza che la pasta essiccata ad alta temperatura è meno digeribile della pasta essiccata a bassa temperatura.
Come è noto, il metodo De Cecco ricorre all’essiccazione lenta a bassa temperatura, il che rende assai più digeribile la pasta”.