Valorizzare e promuovere la corretta alimentazione e l’adozione della dieta mediterranea nei primi 1000 giorni di vita delle bambine e dei bambini; per diffondere le buone pratiche di filiera che valorizzino la distintività del made in Italy sul mercato nazionale ed estero. E’ questo l’obiettivo del marchio di riconoscibilità a tutela della sicurezza degli alimenti italiani per l’infanzia che hanno presentato il ministero delle Politiche Agricole e Plasmon nell’ambito della loro collaborazione in corso già da qualche anno. Il marchio, volontario, potrà essere richiesto da tutte le aziende che producono baby food: responsabile del rilascio è l’Ente di certificazione Audit Service & Certification.
“Il protocollo di intesa tra MIPAAFT e Plasmon, ha nelle intenzioni una valenza importante al fine di promuovere e valorizzare la filiera e le produzioni agricole italiane ed in primis quella di poter permettere al consumatore di riconoscere quelle produzioni che sono al 100% Italiane” ha spiegato al Salvagente Ruggiero Francavilla, docente di pediatria all’Università di Bari aggiungendo che “È necessario tuttavia ricordare che la provenienza non è sempre garanzia di sicurezza (basta pensare alla terra dei Fuochi) e che acquista un valore aggiunto solo se il progetto mira ad unire i vari consorzi agricoli ad aderire ad un protocollo di produzione (ed utilizzo di chimica) che rispetti le norme della buona pratica agricola e che si impegni a non praticare un agricoltura intensiva in monocoltura”.
Plasmon – continua il professore – è un’azienda che da sempre si occupa della alimentazione dell’infanzia e che ha sempre puntato alla qualità e sulla sicurezza dei prodotti per il “baby food”; questo garantisce che oltre alla tracciabilità delle materie prime sul territorio italiano siano adottati tutti protocolli mirati alla ottimizzazione del profilo di sicurezza in ottemperanza alle più recenti linee guida ministeriali ed europee che garantiscono per il bambino valori di contaminanti significativamente inferiori a quelli dell’adulto come ad esempio l’assenza completa di pesticidi.
Francavilla fa riferimento alla ben nota la campagna pubblicitaria di confronto tra i prodotti Plasmon vs. Barilla che, con dati alla mano mettevano in luce l’inadeguatezza della pastina e dei biscotti Barilla versus quelli Plasmon per l’età pediatrica; i dati furono talmente forti che la contesa legale che ne seguì impose a Barilla di riportare sulla Confezione dei Piccolini la dicitura “Per consumatori sopra i 3 anni”.
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In questo periodo – continua il pediatra – in cui la produzione Italiana soffre le conseguenze dell’epidemia SARS-CoV2 è lodevole un impegno tra governo ed aziende mirato al sostegno delle filiere agricole e di allevamento italiane congiuntamente all’impegno di investire in ricerca mirata alla sicurezza alimentare. Per completare l’intesa sarebbe tuttavia opportuno avere anche un ente indipendente certificatore e vigilante.
Particolarmente interessante – spiega Francavilla – è il concetto di “agricoltura di precisione” che potrebbe assumere un ruolo significativo laddove la precisione fosse dettata dalla ricerca scientifica e dall’analisi dei prodotti da immettere sul mercato. Solo in questo contesto potrebbe avere un valore la proposta dell’utilizzo di un “marchio di riconoscibilità”. Il valore del marchio ed il suo significato tuttavia risiedono nel regolamento d’uso che deve essere valutato, discusso e redatto da un panel di esperti indipendenti che, stabiliti i requisiti che il prodotto deve avere per il conferimento del marchio, decideranno se il prodotto X merita l’attribuzione di questo bollino di qualità. Oggi è sempre più difficile districarsi tra le trappole presenti nel piatto e sarebbe di grande aiuto un marchio che riassumesse in sè delle garanzie precise, per le quali la presa visione del marchio, garantirebbe al consumatore una serie di vantaggi intrinseci al marchio. Un’ultima riflessione è relativa alla quantità di prodotti di bassa qualità che troviamo sugli scaffali dei nostri supermercati. La presenza di un bollino di qualità “certificato” potrebbe facilitare la scelta; un “fast track” per la qualità e la sicurezza.
Più difficile – conclude Francavilla – è l’intento di portare la dieta mediterranea sulla tavola degli italiani senza l’ausilio delle Società Scientifiche e delle Scuole che per prime devono provvedere alla corretta informazione delle famiglie insieme a politiche di pillole di “pubblicità progresso” che devono seguire gli spot commerciali e ricordare cosa significa “mangiare bene”. Questo unitamente alla possibilità di usufruire di alimenti di alta qualità potrebbe dare una possibilità in più di aumentare il nostro livello di salute ed il piacere della tavola.