La regina della quarantena: tutto quel che c’è da sapere sulla farina

Star di tutti i supermercati da settimane, la farina sta vivendo una seconda vita nei giorni di quarantena. A lei dedichiamo una puntata di Miti Alimentari, per conoscerla davvero.

In questi giorni non manca il tempo e ho provato a panificare e a fare delle pizze e credo che farina o semola siano identiche

FALSO Questo forzoso periodo di isolamento in casa ha portato alla luce alcuni nuovi talenti in cucina e riscoperto le nostre amate nonne che sapevano fare torte e pizze in casa senza nessun problema. A dire la verità probabilmente apprezzeremo di più l’arte bianca che per ora sembrava il figlio di un Dio minore in cucina. Non tutte le farine sono identiche fra di loro e soprattutto non danno gli stessi risultati per cui per imparare a fare il pane è bene prima conoscere la materia prima che vogliamo usare. Il primo passo è distinguere la farina dalla semola, un po’ come separare due prodotti come vino e birra che ambedue ottimi non sono per niente simili. La farina deriva dalla macinazione del grano tenero mentre la semola deriva dalla macinazione del grano duro, due cereali con proprietà differenti. Grano tenero e grano duro sono piante cugine, molto simili ma la farina è formata da particelle piccole, sottili, molto chiare e tondeggianti, mentre la semola è più grossolana, grezza e di colore ambrato o addirittura giallo. La farina è bianca non perché è sbiancata, non è trattata con nulla ma deriva da un processo di macinazione molto specifico. In cucina l’uso è diverso e se la farina serve a panificare, quindi fare pizze, pane, pasta fresca, biscotti; la semola è utilizzata sostanzialmente per pastificare ovvero fare pasta secca. In Italia risulta che al Nord è più diffusa la farina mentre la semola è tipica del  Meridione del nostro paese. Vale la pena di ricordare che a Roma di giovedì si usa fare gli gnocchi con il semolino e non certo con la farina; gli stessi dolci sono tutti a base di farina salvo rare eccezioni come il migliaccio che a Napoli è fatto con ricotta, frutta candita, semola, scorza di agrumi. Quindi scegliere di fare una pizza con la semola ci porterà davanti a un probabile insuccesso così come fare gli gnocchi con la farina ci farebbe perdere la cittadinanza romana senza battere ciglio o tentare di portare in tavola un profumato migliaccio fatto con farina potrebbe renderci degli esuli da Napoli.

Non tutte le farine sono identiche fra loro, di solito uso la 00, ma a volte sono indeciso su come fare la pizza

VERO La farina rispecchia dal punto di vista nutrizionale in pieno il frumento tenero da cui è macinato ed è la tecnologia di lavorazione che produce diverse farine e anche fornisce prodotti differenti per le calorie che contengono. Le farine raffinate di tipo 00 e 0 forniscono circa 340 calorie per 100 g; la farina definita integrale fornisce 319 calorie per 100 g così come le farine di tipo 1 e 2 che somigliano molto alle farine integrali. Le differenze che esistono fra queste farine sono nel contenuto di fibre alimentari che vanno da 2,2 grammi per etto della farina 00, che ricordiamo è la farina più raffinata ovvero la più bianca è meno ricca di fibre e più ricca di amidi. La farina integrale contiene fino a 8,5 grammi per etto e ha solo 59,6 grammi di amido. Nel caso di alcune vitamine abbiamo 5 volte più di niacina o riboflavina nelle farine integrali rispetto alle farine 00 perché il chicco usato è interamente macinato e non separato dalla crusca. Se voglio fare una pizza con pomodoro, mozzarella e basilico oltre all’olio extravergine d’oliva, probabilmente preferirò la farina 00 che mi consente una capacità di estensione del disco della pizza molto maggiore. Un modo di dire a Napoli è di mangiare la pizza a “ruota di un carro” ovvero un disco sottile, ampio e molto esteso che darà una pizza alla Napoletana una dimensione circolare ben sopra le aspettative. Se usassi della farina integrale, visto che la sua forza rende difficile stendere il disco, si otterrà una pizza alta, più da teglia o da taglio, che potremmo assimilare alla focaccia. I due prodotti, altrettanto buoni e gustosi, sono diversi per la materia prima di partenza e anche la fase di lievitazione poco può fare perché il lievito non riesce a far aumentare troppo il volume dell’impasto rendendolo poco disponibile ad una “politica di distensione”. Probabilmente potrebbe essere una soluzione per una pizza casalinga usare della farina di tipo 1 o 2. La farina 1 è meno raffinata rispetto alla 00, ma ha più crusca disponibile mentre la 2 è una farina quasi integrale ancora meno raffinata e più ricca di fibre, quindi adatta ad avere dei prodotti quasi integrali.

Il numero che spesso leggo sulle confezione con W ad esempio 300 ma non mi dà nessuna informazione utile

FALSO Un parametro molto importante per valutare la farina è la sua forza che è indicata con la lettera W, un numero ottenuto con uno strumento come l’alveografo, e che indica la resistenza che l’impasto ha nel contrastare lo sviluppo dei gas prodotti dal lievito. A questo proposito, il lievito di birra è un prodotto vivo che è mancato dagli scaffali perché occorre produrlo, non dipende dall’impianto ma dal tempo di crescita del lievito e oggi la produzione è adeguata alla domanda dei novelli panificatori. Una farina con un valore di W elevato assorbe più acqua e può lievitare più a lungo e trattenere di più l’anidride carbonica prodotta dal lievito. Più forza della farina significa che sono più adatte a “crescere” più a lungo e quindi sono migliori per produrre il pane mentre per i biscotti è più adatta una farina debole che si oppone poco alla lievitazione che in questi biscotti non è necessaria. Una volta imparato bene posso provare a mescolare farine forti e deboli per avere la giusta forza per quel dolce che mi piace. Un tempo era molto ricercata, oggi molto di meno, la farina manitoba, con un valore di W di oltre 350, che significava dare tanta forza alla farina per avere pizze o anche dei babà più buoni, questo perché le nostre farine di una volta avevano un valore di W di circa 100 poco utile. La manitoba può aiutare a produrre pandori e panettoni dolci o salati, ma anche cornetti, la focaccia genovese e addirittura la baguette francese. La sua ricchezza di proteine la rende utile anche per produrre il Seitan adatto a chi è vegano. La leggenda vuole che una volta si usasse la farina d’Ungheria che ha una forza simile alla manitoba per ottenere il babà che come dolce richiede una lievitazione lunga per assicurare la sua sofficità. L’elevata quantità di proteine, oltre il 16%, e di glutine della farina manitoba può essere uno svantaggio, oggi è una farina meno ricercata perché la coltivazione anche del grano italiano fornisce farine con elevata forza e utili agli stessi scopi.

Oggi trovo sugli scaffali farina macinata a pietra o a rulli, credo siano diversi i prodotti

VERO La storia ci dice che si macinava a pietra dall’età della pietra, spesso la pietra è naturale e di solito di origine francese. Queste farine avute con la pietra sono di solito integrali o semi-integrali mentre non si trovano farine tipo 00. La macinazione a rulli vede la sua nascita circa alla metà dell’800 e permette di avere farine più adatte a fare dolci e prodotti di pasticceria, in pratica la farina 00 nasce con i rulli che permettono di avere farine raffinate mentre macinare a pietra permette di avere più fibre, più vitamine e farine più integrali. Il prodotto ottenuto da un mulino a pietra non è per questo più valido, però il mulino richiede una maggiore manutenzione, maggiore pulizia, controllo del grano di partenza e non ultima una maggiore preparazione del mugnaio. Il macinato a rulli può consentire di avere un prodotto integrale, ma anche di produrre farina 1 e 2 e questo perché con i rulli posso classificare le farine ancora meglio.    

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Sto cercando la farina di Kamut perché è più salutare e utile da usare in cucina, ma anche altre farine dette speciali mi danno fiducia

FALSO Il kamut è qualcosa di quanto più simile a una strana distorsione della storia e della realtà. Fra kamut e grano convenzionale non ci sono differenze, il suo nome è Triticum turgidum ed era tipico dell’area mediorientale, la storia dice che un aviatore americano portò nel secondo dopoguerra dall’Egitto con se pochi semi, li piantò negli Stati Uniti e creò un scudo legale per difenderlo per cui è biologico, secondo la legge americana, ma è speciale solo perché ha un nome pur non essendo un grano nuovo o speciale. Questo grano è un khorasan e si può coltivare liberamente, in Italia è noto come grano Saragolla, ma non è possibile chiamarlo Kamut che è un brand vero e proprio, anche se nessuno, né privato né azienda può possedere delle forme viventi. Ma è così speciale? Le proteine un po’ più alte del normale, poche fibre, le solite 360 kcal per etto e qualche altra piccola differenza non consentono di nominarlo “panacea” dei cereali. È adatto per fare pizze, pane, biscotti insomma né più né meno delle altre farine considerate. Le farine speciali sono molto più diffuse negli ultimi anni perché create specificamente per certi scopi come fare meglio dolci, pizze, biscotti e di solito contengono delle miscele calibrate di grani anche diversi, avena, orzo oppure soia, oppure speciali grani teneri o in alcuni casi è già presente della pasta madre o dell’olio extravergine di oliva. Insomma, abbiamo nella ciotola anche un aiutante nascosto che ci facilita la preparazione di un prodotto da forno. Il panificatore, una volta raggiunta una certa maturità, può passare a usare farine diverse come farina di lenticchie, di ceci, di mandorle o anche di mais o riso per preparare ad esempio dei prodotti adatti per celiaci. Queste persone in questo periodo non vedono sospeso il morbo celiaco e dunque devono panificare, fare pizze o altri prodotti con materie prime più complicate e meno conosciute anche dalle nostre nonne o rinunciare a qualcosa.