Il direttore del call center di Emanuele: “Rimpianto? Averlo lasciato andare in Spagna”

In questi giorni abbiamo raccontato la storia di Emanuele Renzi, morto il 22 marzo scorso a causa del coronavirus (l’autopsia ha rilevato che era in perfetta salute prima del contagio). Emanuele lavorava in un enorme call center sulla Tiburtina, a Roma. Molti suoi colleghi, tra cui una intervistata dal Salvagente, hanno espresso preoccupazioni, accusando la direzione di Youtility, il call center di proprietà Gruppo Distribuzione, di non aver preso tutte le misure necessarie per evitare il rischio di contagio tra dipendenti. Se così fosse, in un posto di lavoro dove ogni giorni si siedono spalla a spalla 2mila persone, in condizioni normali, significherebbe aver contribuito a creare un focolaio di contagio. Sara Sorbino, direttore generale di Youtility ha accettato di rispondere alle nostre domande per fare chiarezza, dando la sua versione dei fatti. Le domande che le abbiamo posto nascono dal nostro lavoro d’inchiesta e dalle segnalazioni provenienti da più fonti riguardo la gestione della sicurezza

Immagini della sanificazione straordinaria al call center Youtility di via Faustiniana 28, Roma

dei dipendenti del call center, e in generale le loro condizioni di lavoro. In coda all’intervista, riportiamo una breve nota che Sorbino ci ha pregato di pubblicare per completezza. Riguarda il rapporto di lavoro tra Emanuele e l’azienda. Riconosciamo al manager di non essersi sottratta a nessuna domanda, e ribadiamo, però, che per almeno una settimana (dal 16 al 22 marzo) il call center è rimasto aperto nonostante il sospetto di contagio per Emanuele fosse diventato una quasi certezza, visti i sintomi e il ricovero in ospedale.

Sorbino, tra i lavoratori della sede in cui lavorava Emanuele girava voce che ci fossero due casi in auto-isolamento già da prima della partenza di Emanuele per la Spagna, attorno al 4 marzo. È vero?
Nessuna delle nostre risorse si è posta in autoisolamento per sospetto Covid-19 prima del ritorno di Emanuele, né abbiamo avuto comunicazione che alcuna risorsa avesse sintomi sospetti da Covid-19; le uniche due persone per le quali abbiamo disposto l’auto isolamento sono i colleghi che hanno visto Emanuele quel giorno; gli stessi sono stati contattati dalle istituzioni e il periodo di quarantena è terminato lunedì 24 marzo, potendo quindi rientrare in sede.

Avete avvertito i lavoratori e preso immediatamente precauzioni?
Non essendo stati previsti autoisolamenti prima della partenza di Emanuele, non abbiamo disposto alcuna comunicazione verso i lavoratori; in ogni caso sono state attivate tempestivamente tutte le misure cautelative indicate dalle istituzioni durante il periodo di emergenza.

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Conferma che l’ultimo giorno di lavoro per Emanuele Renzi è stato il 9 marzo? Quando si è messo in malattia ve ne ha contestualmente comunicato la ragione?
Confermando quanto già riportato sopra, sottolineiamo che Emanuele non si è mai messo in malattia (non abbiamo mai ricevuto certificato medico), ma ha semplicemente comunicato di voler continuare a lavorare da casa.

A che giorno risalgono le prime misure di sicurezza prese dall’azienda? E in che cosa consistevano?
Le prime misure di sicurezza sono state intraprese già a partire dal 5 marzo: sull’intranet aziendale sono state pubblicate le misure di sicurezza indicate dal Ministero della Salute che invitavano all’utilizzo di sanificanti e veline monouso messe a disposizione di tutti gli operatori nelle sale, al rispetto della distanza minima interpersonale di un metro, a non creare assembramenti nelle aree comuni. A seguito del Dpcm del 4 marzo sono stati messi a disposizione delle risorse igienizzanti e guanti monouso.

Alcuni lavoratori mi hanno riferito che i primi distanziamenti fatti dall’azienda si limitavano ad alternare una postazione vuota a una piena, non risolvendo il problema della distanza minima con le file posteriori, visto lo spazio ristretto per spostarsi dalla postazione. Dicono il vero?
Si precisa che la distanza minima interpersonale tra le postazioni a pieno carico è pari ad almeno 1,10 metri in qualsiasi senso (frontale, posteriore o laterale); abbiamo in ogni caso disposto l’utilizzo delle postazioni a scacchiera che aumentano la distanza minima interpersonale disponibile ad oltre 2 metri in qualsiasi direzione: la disposizione a scacchiera prevede che dietro, davanti e lateralmente all’operatore ci sia almeno una postazione vuota.

Il 16 marzo è stato fatto il tampone a Emanuele, risultato positivo. Lo stesso giorno, secondo alcuni lavoratori, sarebbe stata fatta una sanificazione in azienda. Avete saputo quel giorno della malattia di Emanuele?
Ci teniamo a sottolineare che l’azienda preposta alle pulizie esegue quotidianamente le attività di sanificazione degli ambienti; tali sanificazioni sono state intensificate durante l’emergenza sanitaria, utilizzando i presidi medici chirurgici; in ogni caso il primo intervento di sanificazione straordinaria è stata effettuata il 19 marzo.

Quando avete saputo del sospetto coronavirus per Emanuele, perché non avete chiuso l’azienda e avvertito i lavoratori subito, visto l’alto rischio di contagio?
Appena abbiamo saputo che era stato ricoverato, abbiamo avvisato i colleghi che condividevano l’ufficio con lui e abbiamo disposto l’autoisolamento (rientrati in azienda ieri dopo il via libera da parte delle autorità). Si ribadisce che Emanuele non era un operatore telefonico e che pertanto svolgeva le proprie attività all’interno del suo ufficio.

È vero che nella settimana precedente alla morte di Emanuele, o comunque a marzo, alcuni lavoratori della sede di Frascati sono venuti a lavorare nella sede di Emanuele? Se sì, quando e per quanti giorni? Ed è vero che sono tornati a lavorare nella sede di Frascati prima del 22?
Non corrisponde al vero: l’ultimo spostamento da Frascati a alla sede di Emanuele è stato effettuato un mese prima della sua morte. Il 10 marzo abbiamo disposto lo spostamento di alcune risorse dal sito di Tiburtina a quello di Frascati per dare seguito alle disposizioni del Dpcm del giorno precedente e garantire la disposizione delle postazioni a scacchiera per entrambe le sedi.

Il call center di via Faustiniana ha riaperto. Ci può spiegare ad oggi che misure avete adottato per la sicurezza dei vostri lavoratori?
Stiamo continuando ad applicare le misure cautelative già in essere prima della morte di Emanuele: ribadiamo che Emanuele non ha contratto il virus nel luogo di lavoro ma in Spagna; in ogni caso abbiamo provveduto ad eseguire un ulteriore sanificazione straordinaria degli ambienti il 23 marzo (il giorno dopo la morte di Emanuele, ndr).

Perché dalle prime avvisaglie di rischio di coronavirus tra i vostri lavoratori non siete partiti subito con lo smart working?
La conversione delle attività verso lo smart working è un processo complesso che va condiviso per fattibilità tecniche e rispetto delle normative vigenti con committenti e fornitori; già dalla prima settimana di marzo abbiamo avviato Persi tavoli di dialogo con tutte le parti coinvolte e richiesto i primi approvvigionamenti per le dotazioni informatiche (tra cui PC portatili) necessarie all’attuazione del lavoro agile. Speriamo di poter concludere al più presto il processo di remotizzazione per tutte le risorse.

Attualmente, quanti dei vostri lavoratori sono in smart working? E con che criteri viene scelto chi può lavorare da casa e chi no? Lo decide il lavoratore stesso? Il tipo di contratto che ha con voi? L’azienda committente?
Attualmente abbiamo oltre 800 risorse in smart working (valore in continuo aumento); La priorità nella selezione del personale è definita dalle disposizioni vigenti: le madri nei tre anni successivi alla fine del congedo per maternità ex art. 16 D.Lgs. 151/2001 e i genitori con figli in condizioni di disabilità grave ai sensi della L. 104/1992; non ci sono distinzioni se non quelle dettate dalle fattibilità tecniche (personale che presso il proprio domicilio non ha copertura per connettività con banda necessaria) e/o dalle disposizioni normative.

Alcuni lavorati mi hanno riferito di aver subito forti pressioni dall’azienda affinché rimuovessero post sui social che esprimevano pareri critici sulla gestione delle misure di sicurezza in questi giorni. Le risulta?
Crediamo fermamente nella libertà di stampa ed informazione, ma soprattutto crediamo in un’informazione veritiera e corretta. Non abbiamo mai fatto pressione sui lavoratori in tal senso. Tuttavia abbiamo disposto numerose denunce per dichiarazioni calunniose da parte di persone che non fanno parte neanche dell’azienda, ma che hanno rilasciato tali dichiarazioni sulla base di “voci” e/0 “sentito dire”.

È vero che la maggior parte dei contratti dei vostri dipendenti sono di collaborazione e vengono rinnovati di due mesi in due mesi? Non le sembra una forma di precarietà estrema che non permette al lavoratore di avere un rapporto sereno con la sua occupazione?
All’interno del nostro gruppo abbiamo Perse centinaia di dipendenti. Alcune tipologie di committenza legate alla promozione di prodotti e/o servizi sono soggette ad importanti fluttuazioni nei volumi di lavoro. In ogni caso la maggior parte delle risorse ha contratti con durata non inferiore ai 6 mesi.

È vero che negli scorsi mesi avete avuto problemi con topi all’interno della sede?
Si, il nostro sito è adiacente ad un’area rurale, motivo per cui abbiamo investito e stretto collaborazione con società specializzate nella derattizzazione ad oggi completamente risolta.

Quanti lavoratori avete nella sede di via Faustiniana? Quanti per piano? E’ vero che per ogni piano ci sono 12 bagni, senza finestre né impianti di areazione?
Nel sito di Via Faustiniana operano 2.000 risorse divise mediamente su tre turni di lavoro. L’intera struttura conta 17.500 metri. Ogni piano conta, oltre a due bagni per persone con disabilità, anche 16 bagni per uomini e donne. Complessivamente abbiamo 144 bagni contro meno di 1000 risorse presenti contemporaneamente. Confermiamo inoltre che i bagni sono dotati di estrazione d’aria.

Potendo tornare indietro, rifarebbe qualcosa Perso nella gestione delle misure di prevenzione del rischio da covid-19 nell’ultimo mese?
Abbiamo operato nel pieno rispetto delle normative e al meglio delle nostre capacità: se proprio penso a qualcosa che avrei volentieri evitato, non avrei dato le ferie ad Emanuele per andare in Spagna…

La nota al Salvagente di Sara Sorbino, direttore generale Youtility

innanzitutto colgo l’occasione per ringraziarla di questa opportunità. Dopo quanto successo è importante fare chiarezza nel rispetto della tragedia che ci ha colpito. Il nostro primo pensiero va sicuramente ad Emanuele e alla sua famiglia. È importante fin da subito evidenziare che Emanuele era un dipendente Quadro, si occupava di pianificazione e controllo delle attività, ed aveva un proprio ufficio. In qualità di Quadro, aveva la facoltà di svolgere il proprio lavoro senza vincoli di orario e soprattutto anche dal proprio domicilio (ovvero Smart Working).
Emanuele è stato in Spagna (dove probabilmente ha contratto il virus) fino all’8 di Marzo ed è rientrato in ufficio il 9 Marzo: durante la sua breve permanenza nel suo ufficio ha dato direttive a due colleghi per lo svolgimento delle attività di competenza ed ha proseguito il suo lavoro da casa. Successivamente ci ha contattato avvisandoci che non si sentiva bene e che avrebbe continuato a lavorare sempre da casa. Lunedi 16/03 Emanuele ha contattato me ed altri colleghi dicendo che fosse molto agitato e preoccupato perché non respirava bene e nonostante avesse chiamato un’ambulanza in mattinata non è stato ricoverato in quanto i suoi problemi respiratori, secondo il personale sanitario, erano dovuto al suo stato d’ansia. Nella nottata del 16/03, sempre Emanuele ci informava che il suo vecchio medico di famiglia di Cave l’ha assistito ed è riuscito a farlo portare via con ambulanza in ospedale. Nella giornata successiva, ha contattato di nuovo i colleghi in cerca di conforto, confermando che aveva subito una TAC ed il tampone faringeo. Da questo momento in poi non abbiamo più ricevuto contatti da parte sua fino ad una chiamata del padre che ci informava che Emanuele era ricoverato in terapia intensiva.
Nonostante l’assenza di comunicazioni ufficiali da parte delle autorità competenti sulla situazione di Emanuele e sui protocolli da attivare, abbiamo attuato in autonomia le procedure di isolamento del personale entrato in contatto con Emanuele. Contestualmente abbiamo continuato ad applicare le misure cautelative disposte dal DPCM, tra cui la sanificazione straordinaria, eseguita il 19/03. Il giorno che abbiamo appreso, sempre dai Familiari, della morte di Emanuele abbiamo inviato una PEC alle autorità competenti.