Lo studio inglese: cibo vegan in ristoranti e take away 3 volte su 5 ha troppo sale

Vegano e salutare non sono affatto la stessa cosa: a ribadirlo è una ricerca inglese che ha messo sotto la lente d’ingrandimento centinaia di prodotti e pasti venduti come vegan in 45 tra ristoranti, take away, fast food e catene di caffetterie. Secondo Action on salt, che ha commissionato la ricerca, il risultato ha mostrato una “verità scioccante”: la “triste mancanza di informazioni nutrizionali disponibile “in 290 pasti vegetali e vegani raccolti” nel Regno Unito.

I numeri

Come riporta FoodNavigator, tre pasti su cinque a base vegetale nei ristoranti esaminati, in presenza di informazioni nutrizionali (96/151) contenevano 3 grammi o più di sale, corrispondente a metà dell’assunzione giornaliera massima di sale di un adulto – mentre 19 avevano 6 grammi o più di sale, pari all’intero limite massimo giornaliero in un solo pasto. Alcuni pasti vegan consumati fuori casa contengono più sale di otto hamburger di McDonald. Quasi la metà (45%) dei pasti consumati fuori casa contiene 3 grammi o più sale in una sola porzione.  Inoltre, più di una su cinque piatti ne forniscono più della metà
della massima raccomandazione giornaliera di un adulto per i grassi saturi.

Action on Salt ha invitato il segretario di Stato per la salute, Matt Hancock, a implementare e far applicare più solidi obiettivi di riduzione del sale al fine di creare regole eque e uniforme sia nel commercio al dettaglio che in quello dei pasti fuori casa. Se queste catene di ristoranti dovessero mostrare informazioni nutrizionali con etichetta a semaforo come gli alimenti confezionati nei supermercati, più di quattro pasti a base vegetale su quattro (127/151) avrebbero un’etichetta rossa per un alto contenuto di sale (cioè> 1,8 g di sale in un pasto).

L’inchiesta del Salvagente

Già nel giugno 2019, il Salvagente si chiedeva, al di là delle scelte, e senza volerne demonizzare alcuna, cosa si nasconde nei cibi vegani preconfezionati sempre più presenti nei supermercati? E come vengono sostituite le materie prime animali più impiegate dall’industria alimentare, a cominciare dal latte e dall’uovo? Nel numero di giugno avevano (acquista qui la copia in digitale) confrontato le tabelle nutrizionali e la lista degli ingredienti della “versione” veg di 12 prodotti con quelle dei corrispondenti cibi “tradizionali”. Non senza sorprese. Con l’aiuto del dottor Andrea Ghiselli del Crea abbiamo valutato gli aspetti nutrizionali e con Dario Vista, nutrizionista e tecnologo alimentare, ci siamo soffermati sugli ingredienti e sul tipo di additivi che spesso ritroviamo in abbondanza anche nei cibi vegani.

Come vengono sostituiti grassi e proteine animali

I grassi e le proteine animali svolgono una funzione fondamentale nella preparazione industriale dei cibi: come vengono sostituiti? “Generalmente – spiega Vista – si usano grassi vegetali naturali (olio di oliva, di cocco, di colza, di semi oleosi) e industriali (l’E471, i mono e digliceridi degli acidi grassi). Le proteine animali invece sono sostituite dalla soia, dal glutine concentrato (seitan) ma anche da altre fonti vegetali”. Capita spesso che la lista degli ingredienti dei prodotti vegan sia molto lunga e che tra addensanti, coloranti e coagulanti sorga il dubbio che la versione “veg” non sia meno “trattata” di un cibo tradizionale. “Non bisogna commettere l’errore – aggiunge i tecnologo – di associare al termine vegano l’accezione salutare: sono prodotti che non contengono materie prime di origine animale. Detto questo il ricorso agli additivi non è sempre un obbligo. Prendiamo l’uovo: eliminandolo, viene meno l’emulsione dei componenti della ricetta, ossia il legame tra le molecole polari (zuccheri e proteine) e quelle apolari (grassi). La lecitina di uovo può essere sostituita in modo ‘naturale’ ad esempio con la lecitina di soia o girasole, o in modo ‘sintetico’ con l’E471 o dai sali di magnesio”. Anche nella scelta degli addensanti le strade possono essere diverse: “Si può optare per la tapioca, un ottimo addensante naturale o ricorrere alla ‘chimica’ con i mono e digliceridi degli acidi grassi”.

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Troppo spesso olio di cocco, palma e additivi

La scelta degli ingredienti – qualsiasi sia il prodotto – non è mai neutra. E così ci sono soluzioni più discutibili di altre. Come ad esempio l’olio di cocco, ricco di grassi saturi, che troviamo in alcuni cibi nel nostro viaggio tra gli scaffali: nelle “sottilette” vegane o nel formaggio grattugiato “senza latte” come aclune panna da cucina vegetale che aggiungeono addirittura l’olio di palmisto oltre a una lunghissima lista di additivi, ben 8 compreso il colorante E160.

Fibra sintetica e proteine di pisello

Discutibile poi la scelta di usare come addensante la metilcellulosa che alcuni produttori di hamburger vegetali usano: “La metilcellulosa – spiega Vista – è una fibra artificiale che lega a sé l’acqua prevenendo lo ‘sgretolamento’ del prodotto. Questo porta anche altri vantaggi all’industria, come l’aumento del peso del prodotto: più viene mantenuta l’acqua, maggiore è il peso finale. Non solo: questa scelta arricchisce la tabella nutrizionale per il tanto richiesto contenuto di fibra. Ma non dimentichiamoci che è una fibra di origine artificiale”.
Il nostro viaggio nelle formule industriali vegan potrebbe essere più lungo. Ma un’ultima curiosità attira la nostra attenzione: l’uso del pisello, sotto forma di farina, fibra e proteina è pressoché onnipresente: come mai? “È un legume ricco di proteine con valore biologico medio alto – conclude Dario Vista – contiene quasi tutti gli aminoacidi essenziali che il nostro organismo non può sintetizzare da solo. A differenza del fagiolo e di altri legumi ricchi di proteine ha un contenuto in amido che conferisce una buona impastabilità e per questo molto impiegato”.

Scopri quale “versione” è più equilibrata (acquista qui la copia in digitale) confrontando le tabelle nutrizionali e la lista degli ingredienti di 12 prodotti veg e altrettanti tradiazionali.