Sapevate che in Italia nel 95% del gasolio c’è un po’ di olio di palma? Proprio così, sparito (o quasi) da merendine e biscotti il vegetale notoriamente responsabile della deforestazione delle foreste equatoriali e della riduzione di biodiversità finisce nei nostri serbatoi.
In media nel biodiesel (quello che trovate alla pompa con l’indicazione E5) è il 3,5% ma arriva al 15% nel diesel G15 (tra l’altro più caro).
Se speravate, insomma, di non vedere più le immagini dei cuccioli di orango terrorizzati nelle foreste incendiate del Borneo, dopo aver imposto alle industrie alimentari italiane lo stop all’olio di palma, vi sbagliavate. La corsa alla deforestazione, infatti, passa per le stazioni di rifornimento. Ma si può fermare, con un articolo di legge proposto dalla petizione unpienodipalle, lanciata da Legambiente su change.org. L’associazione ambientalista ha chiesto al governo (vedi lettera completa) di non finanziare più con sussidi queste materie prime e “non considerare più l’olio di palma e di soia e i loro derivati (acidi grassi prodotti dalla lavorazione dell’olio di palma), come biocarburanti (biodiesel), per i quali vige l’obbligo di immissione al consumo e relativo sussidio, a partire dal 1 gennaio 2021 per permettere modifiche impiantistiche e smaltimento delle scorte”.
A giugno è stata la stessa Europa fare una parziale retromarcia sul biodiesel dichiarando insostenibile l’olio di palma per i carburanti. L’Italia deve adeguarsi subito – spiega la petizione di Legambiente – ma può fare di più e includere l’olio di soia, causa di deforestazione drammatica in America Latina. Altri paesi europei hanno già deciso di seguire questa strada. Lo hanno fatto la Francia e la Norvegia, ad esempio, fissando uno stop che partirà dal prossimo primo gennaio. E Parigi ha perfino vinto l’inevitabile ricorso in cui la Total contestava il provvedimento.
La speranza è che anche l’Italia faccia sua una posizione coraggiosa, e già dalla prossima finanziaria come ha chiesto ieri in un’audizione al Senato il vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini. Tanto più, come spiega il responsabile mobilità e stili di vita dell’associazione Andrea Poggio, che oltre che l’olio di palma oltre a contribuire alla deforestazione non inquina certo di meno: studi IPCC e della Commissione europea hanno dimostrato che in questo modo si triplicano le emissioni di CO2. L’unico vantaggio, dunque, è per le compagnie che lo pagano assai meno del gasolio.
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