Nella bozza di sei pagine della manovra finanziaria, il governo ha inserito anche una tassa sulle sigarette e sulle e-cig che non mancherà di creare malcontento tra gli svapatori. Perché? partiamo da quanto annunciato dall’esecutivo: alla voce entrate sono segnati 160 milioni derivanti da imposte su liquidi, bruciatori, trinciato e sigaretti e oltre 45 dalle sigarette. La prima cosa che salta all’occhio è la sproporzione della prima somma rispetto alla seconda. Se poi si considera che secondo l’indagine Doxa del 2017, i fumatori sono 11,7 milioni, di cui il 94,6% consumatori di sigarette confezionate, mentre gli amanti delle sigarette elettroniche sono stimati in 1,3 milioni.
Una imposta trenta volte più pesante per gli svapatori
Basta un calcolo approssimativo ma indicativo per rendere l’idea: con questa manovra ogni tabagista vecchia scuola spenderà in media 4 euro in più l’anno per il giro di vite sulle imposte, mentre allo svapatore, la decisione del governo costerà oltre 120 euro. Trenta volte di più.
Le ragioni (dubbie) della stretta
Ancora una volta viene da chiedersi perché l’e-cig venga così penalizzata nonostante, se partiamo da studi scientifici con dati certi, è riconosciuta la sua minore incidenza sulla salute degli utilizzatori, tanto da aver spinto alcuni paesi tra cui l’Inghilterra a inserirla tra i metodi da incoraggiare per la riduzione del danno da tabagismo. Una ragione potrebbe essere il recente allarme internazionale partito dagli Usa con ricoveri e morti legati, però, a sostanze illegali o usate impropriamente per fare i liquidi, e la recente dichiarazione – precauzionale – dell’Istituto superiore di sanità sulla necessità di monitorare il possibile legame tra patologie polmonari e svapo. Motivazioni insufficienti per una disparità fiscale così netta nella prossima legge di stabilità.