La sicurezza per chi soffre di allergie alimentari? È nelle mani dei ristoratori

Per gli allergici conciliare la vita sociale con la sicurezza della salute non è cosa da poco. Una sicurezza che dipende totalmente da una dieta per esclusione, anche quando si è al tavolo di un ristorante con il proprio compagno o al bancone di un bar con gli amici. E si dipende totalmente da quello che è in grado di dirvi il menu o quanto può rispondere il cameriere.

Gli utlimi avvenimenti di cronaca non tranquillizzano.
Chiara, 24 anni, era allergica al latte, ai suoi derivati e all’uovo. Lo scorso luglio è morta a seguito di uno shock anafilattico dopo aver cenato in un agriturismo di Colleoni, in provincia di Pisa, con il fidanzato e due amici. Lo scorso gennaio è stata la volta di Federica, 16 anni. La ragazza ha perso la vita dopo aver consumato con gli amici dei drink nei bar di Centocelle a Roma. E l’arma del delitto potrebbe essere stata un cocktail con latte di cocco contenente l’allergene mortale per la ragazza. Un cocktail, che se alcolico, neanche avrebbe dovuto essere servito a una minorenne.

“Casi isolati”


“Siamo di fronte a casi isolati legati alla negligenza o alla fatalità, senza contare che nel caso dei cocktail la legge non è così chiara” commenta il presidente della Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe), Lino Enrico Stoppani, che assicura: “Anche a seguito delle sanzioni collegate alla normativa, oggi sul tema degli allergeni la ristorazione italiana ha un interesse molto più strutturato e applicato rispetto al passato”.
Sanzioni peraltro arrivate dopo 4 anni dalla entrata in vigore del Regolamento Ue 1169 del 2011 (a maggio 2018) che impone regole precise di informazione degli allergeni al consumatore nei pubblici esercizi. Sono previste infatti sanzioni dai 3.000 ai 24.000 euro in caso di omessa indicazione degli allergeni, e da 1.000 a 8.000 euro in caso di indicazioni con modalità diverse da quelle previste dalla legge. Gli importi possono essere ridotti fino a un terzo per le piccole realtà, con meno di 10 dipendenti.
La normativa prevede che venga comunicata al consumatore la presenza di allergeni in modo chiaro tramite menu, appositi registri o cartelli o anche su sistemi tecnologici, da tenere bene in vista. E questo vale per ristoranti, mense, scuole o ospedali, servizi di catering o street food ambulanti.

Nelle mani del ristoratore

Un ruolo fondamentale è svolto dal personale che deve prendere visione e sottoscrivere per iscritto tutte le informazioni su menù, ricette e allergeni. “Esistono – ci spiega Stoppani – due sensibilità molto diverse: quella dell’imprenditore e quella del dipendente. Per l’imprenditore è molto alta, perché sa bene che esiste la minaccia e poi ci sono le sanzioni che fanno la loro parte di deterrente. Nel caso dei dipendenti creare una consapevolezza forte è più complicato. Basti pensare al turnover del personale e all’investimento che il ristoratore deve affrontare sul fronte della formazione continua che richiede impegno e denaro”.
Ma quanto ne sa davvero il personale di un bar o di un ristorante? Secondo una nuova ricerca internazionale pubblicato mercoledì sulla rivista PLOS One davvero poco. Un team di ricerca internazionale ha testato la conoscenza delle allergie alimentari di 295 membri dello staff del ristorante in 15 distretti selezionati a caso di Düsseldorf, in Germania.
Hanno scoperto che il 30% dei lavoratori poteva correttamente denominare tre allergeni alimentari come latte, uova o pesce. Meno della metà dei partecipanti ha ottenuto un punteggio perfetto per un test di conoscenza generale sull’allergia alimentare.

Le regole di bar, ristoranti, ecc.

In tutti i casi in cui ci si trova a consumare cibi pronti all’interno della struttura che li somministra, ad esempio in un ristorante o al bar, gli operatori hanno margini di discrezionalità per scegliere come informare i clienti. La rosa delle modalità informative è precisata dall’art. 19 del D.L.gs n. 231/2017.
Si prevede che le informazioni sugli allergeni possano essere riportate sui menù, su appositi registri o cartelli o sistemi tecnologici, da tenere bene in vista, così da consentire al cliente di accedervi facilmente e liberamente.
Per quanto riguarda le alternative tecnologiche, ad esempio applicazioni per smartphone, codice a barre o codice QR, non tutti potrebbero esserne avvezzi. Per questo la normativa impone una apposita documentazione scritta.
Altra soluzione è quella di indicare per iscritto in luogo ben visibile, sul menù o su un cartello frasi individuate dalla norma che invitino i clienti a rivolgersi al personale e chiariscano la possibilità di consultare apposita documentazione che verrà fornita, a richiesta, dal personale in servizio. Resta inteso che, in tutti questi casi, il ristoratore o il proprietario dell’esercizio dovranno però sempre avere a disposizione la corrispondente documentazione scritta.
Come abbinare l’allergene al piatto? In caso di somministrazione può avvenire, per esempio, indicando per ogni singola pietanza la presenza degli allergeni nel menù, oppure predisponendo una tabella che riporti le 14 categorie di allergeni previste dal Regolamento Ue 1169 del 2011 e che, contestualmente, individui le preparazioni che le contengono, o secondo altre e diverse modalità in grado di garantire una corretta informazione al consumatore

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