La carica per iniziare la giornata. Per circa 8 italiani su 10 quei caratteristici profumi di caffè che si diffondono per casa appena aperti gli occhi, sono il modo giusto per cominciare a “carburare”. Un rito che si ripete almeno un’altra volta durante le 24 ore (la statistica dice che il 58% dei nostri concittadini si ferma a due tazzine al giorno, mentre il 37% va al di là: tra le 3 e le 4), con altre motivazioni, spesso sociali.
Il boom delle capsule espresso
Protagonista, neppure a dirlo, la tazzulella ‘e cafè, bevanda nazionale quanto poche altre, di cui siamo maestri torrefattori e appassionati cultori nella preparazione. Almeno fino a che non abbiamo scelto di sacrificare quei gesti magici nascosti dietro al riempimento di una moka o di una napoletana a una macchina per espresso e a una ricarica monodose. Anche nella patria del caffè, infatti, si è imposto il consumo casalingo di capsule, oramai arrivate a conquistare quattro italiani su dieci.
Eppure proprio questo metodo di preparazione porta con sé molti dubbi e più di qualche paura nei consumatori. Dalle sostanze che le capsule, siano esse in alluminio o in plastica, possono cedere alla tazzina, fino ai contaminanti di processo che possono finire nell’espresso. Senza contare i rischi che ogni caffè porta inevitabilmente con sé: pesticidi e micotossine, innanzitutto.
Il test del Salvagente in tre laboratori
Sono esattamente questi gli interrogativi che abbiamo deciso di affrontare nel test che troverete in queste pagine, per il quale abbiamo messo all’opera ben tre laboratori diversi, concentrati a valutare gli espressi che si definiscono intensi, ossia quelli presumibilmente con il maggior corpo e probabilmente la tostatura più marcata.
Le risposte che abbiamo ottenute sono tranquillizzanti. Innanzitutto perché assolvono le capsule dal sospetto che possano cedere molecole potenzialmente tossiche: né ftalati, né bisfenolo sono stati rintracciati nelle bevande che abbiamo analizzate. Nessuna ombra, insomma, sul fronte sanitario per questi contenitori, anche se non si può certo dire la stessa cosa sul versante dell’impatto ambientale dei tanti rifiuti che finiscono per creare e che ancora finiscono in gran parte nell’indifferenziata
Per restare però sul piano della sicurezza alimentare, buone notizie anche dal punto di vista dei pesticidi: per una volta nei nostri test, non è stata trovata alcuna traccia nelle polveri esaminate.
Non contenti, siamo andati a determinare acrilammide e furani, due sostanze legate da un’unica causa, la torrefazione ad alta temperatura dei chicchi. La pericolosità di entrambe è negli effetti tossici a lungo termine e il caffè è uno degli alimenti che concorrono ampiamente alla nostra esposizione quotidiana. Ebbene, nel caso dell’acrilammide i dati che ci restituisce il laboratorio sono addirittura migliori di quanto si potesse immaginare: mediamente al di sotto della metà di quanto raccomandato dall’Autorità per la sicurezza alimentare europea.
Molto tranquillizzanti, in quasi tutti i casi, anche le analisi sui furani, composti sui quali ancora non ci sono molte indicazioni da parte delle Authority europee anche se è innegabile la preoccupazione degli scienziati per gli effetti sul fegato. Le determinazioni condotte dal Salvagente su questa famiglia di molecole (compresi anche i precursori) sembrano rasserenare gli amanti del caffè, anche se tra gli undici protagonisti del test qualche differenza c’è, come potrete rilevare dalle tabelle nel numero in edicola del Salvagente.
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E una volta in tazzina?
E qualche differenza, come era ovvio, si ritrova anche nella severa prova organolettica, condotta da uno dei pochissimi panel accreditati in Italia. Un esame, va detto, che non ha rivelato nessun difetto nei caffè degustati, assegnando in tutti i casi giudizi più che sufficienti in una scala di qualità che lascia la possibilità di scelta agli amanti dell’espresso intenso.