Chi ha investito in Buoni fruttiferi postali prima del 1999 non sarà contento della notizia. La Cassazione ha infatti emesso una sentenza con cui conferma la legittimità dello Stato di cambiare il tasso d’interesse dei buoni postali anche in maniera retroattiva, in qualsiasi momento. Il provvedimento emesso dalle Sezioni unite della Cassazione ha smentito la precedente sentenza degli stessi giudici di piazza Cavour, risalente al 2007. Allora gli “ermellini” avevano stabilito che sottoscrivere un buono equivale a firmare un contratto, e che quindi non è possibile cambiarlo successivamente alla stipula senza l’accordo di entrambe le parti.
Il dietrofront della Cassazione
Repubblica riporta il parere di Aldo Bissi del comitato scientifico di Ridare, portale di Giuffrè Francis Lefebvre che affronta tutte le tematiche in materia di risarcimento del danno e responsabilità civile: “La Cassazione arriva alla conclusione opposta. E quel che è peggio, per il povero risparmiatore, è che lo fa affermando espressamente di non contraddire il proprio precedente”.
La storia
Nel 1999, è subentrato al Codice postale del 1973 il decreto legislativo 284 a regolare il settore, precisando però che i rapporti in essere, libretti e buoni fruttiferi postali, continuavano a essere regolati secondo le leggi anteriori, che permettevano appunto di cambiare le regole a piacimento allo Stato. Bissi spiega cosa succede dunque a chi ha stipulato il buono fruttifero prima fino al 1999: se il tasso di interesse viene cambiato a sfavore del consumatore, i suoi Buoni vengono considerati come “rimborsati” con il tasso stabilito in origine e “convertiti in titoli della nuova serie con il relativo tasso di interesse”. Resta, però, la possibilità di recedere dal contratto, incassando quanto spetta secondo il tasso di interesse originario e più vantaggioso.