L’Echa, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche, propone alla Commissione europea restrizioni sulle microplastiche aggiunte intezionalmente nei prodotti: dai cosmetici ai farmaci, dalle vernici ai materiali di costruzioni fino naturalmente ai cibi e alle bevande. L’Agenzia ha valutato i rischi per la salute e l’ambiente causate dall’immissione nell’ambiente e nella catena alimentare di queste particelle plastiche infinitesimali (hanno dimensione inferiore a 5 mm) e ha concluso che un giro di vite a livello europeo sarebbe giustificata: la restrizione potrebbe comportare una riduzione delle emissioni di microplastiche di circa 400mila tonnellate su 20 anni.
Il nostro test sui soft drink
Nel numero di ottobre 2018 abbiamo pubblicato un lungo dossier e i risultati di un test condotto su 18 bottiglie di cole, aranciate, gassose e tè freddi e i risultati sono stati sorprendenti come mostra la grafica a fianco.
L’Echa da parte sua non è nuova a mettere in evidenza il rischio rappresentato dalle microplastiche e più volte le conlcusioni a cui è giunta l’Agenzia con sede ad Helsinki sono state molto diverse da quelle della Commissione e dell’Efsa.
Le visioni divergenti tra Echa e Ue
“Secondo le attuali conoscenze, è improbabile che l’ingestione di microplastiche
‘di per sé’ sia un rischio oggettivo per la salute umana”. Vista da Bruxelles la questione delle particelle di plastica che quotidianamente ingeriamo o beviamo non fa tanta paura. Vista da Helsinki, dal quartier generale dell’Echa, la prospettiva è diversa. “Alcuni degli additivi o contaminanti organici, addizionati alle plastiche, possono essere tossici”, mette nero su bianco l’Agenzia in un documento di pochi mesi fa. E non si tratta di una preoccupazione venuta solo agli scienziati finlandesi. Sono diversi gli studi – tutti molto recenti dato che il tema è relativamente nuovo – che mostrano come le microplastiche possano diventare un comodo “autobus” per sostanze tossiche, concentrando e trasportando inquinanti come il bisfenolo, alcuni ftalati, pesticidi e altre molecole ad azione tanto cancerogena quanto di interferenza endocrina.
“Serve giro di vite”
La nuova valutazione dell’Echa ha rilevato che le microplastiche aggiunte intenzionalmente hanno maggiori probabilità di accumularsi negli ambienti terrestri, poiché le particelle si concentrano nei fanghi di depurazione che vengono spesso applicati come fertilizzanti. Una proporzione molto più piccola di queste microplastiche viene rilasciata direttamente nell’ambiente acquatico. La persistenza e il potenziale di effetti avversi o bioaccumulo di microplastiche sono motivo di preoccupazione. Una volta rilasciati, possono essere estremamente persistenti nell’ambiente, durare migliaia di anni e praticamente impossibile da rimuovere. Attualmente non è possibile determinare l’impatto di tale esposizione a lungo termine sull’ambiente. I dati disponibili sugli effetti sono limitati, in particolare per l’ambiente terrestre, il che rende difficile la valutazione del rischio. A causa delle loro piccole dimensioni, le microplastiche e le nanoplastiche – anche le particelle più piccole create dall’ulteriore degrado delle microplastiche – possono essere prontamente ingerite e quindi entrare nella catena alimentare. Sebbene i potenziali effetti sulla salute umana non siano ancora ben compresi.
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