Il chilometro zero? Non è detto sia più sicuro di quello che normalmente si acquista al supermercato. Lo studio che mette un pesante punto interrogativo su quella che è una passione anche degli italiani, viene in realtà dagli Stati Uniti, per la precisione dalla Pennsylvania, ma le conclusioni sono certamente interessanti anche per noi, almeno per osservare le condizioni di sicurezza di un banco che ci propone cibi locali.
I ricercatori della Penn State University in un lavoro pubblicato il 1° novembre sulla rivista Food Protection Trends hanno valutato i comportamenti di sicurezza alimentare dei venditori in oltre 40 mercati degli agricoltori della Pennsylvania e hanno scoperto che molti non seguivano le pratiche sanitarie di base. E hanno trovato batteri nocivi nella carne e nei prodotti venduti nei mercati.
“Molte persone credono che un alimento prodotto localmente è più sicuro, ma questo dipende anche dal tipo di pratiche di sicurezza alimentari utilizzate dal venditore”, ha spiegato a Consumer Reports Judy Harrison, Ph.D., professore e specialista di sicurezza alimentare presso l’Università della Georgia commentando le analisi dei colleghi.
I ricercatori hanno scoperto grandi discrepanze tra le precauzioni di sicurezza alimentare che i venditori di mercato degli agricoltori hanno affermato di prendere e quello che i ricercatori hanno effettivamente osservato.
Per esempio, sebbene più di un terzo dei venditori affermasse di utilizzare guanti monouso, i ricercatori hanno osservato che meno di un quarto di loro li aveva a disposizione nei loro banchi. E tra quelli che li usavano, circa la metà lo faceva in modo improprio non cambiandoli dopo aver maneggiato carne cruda o denaro.
E i risultati delle analisi confermavano il problema, con livelli di batteri alti nel cibo venduto su questi mercati: l’E. coli era presente nel 40% dei campioni di carne bovina, nel 18% dei campioni di carne suina e in quasi un terzo dei campioni di lattuga e cavolo e nel 17% dei campioni di spinaci. La listeria, invece, è stata trovata nell’8% della carne bovina, nel 2% del cavolo, nel 4% della lattuga e nel 7% negli spinaci.
Sebbene questi tipi di batteri possano spesso essere distrutti attraverso una corretta cottura a casa, “i consumatori dovrebbero aspettarsi lo stesso livello di pratiche di sicurezza alimentare osservata in altri negozi, perché i possibili esiti negativi sono gli stessi”, afferma James E Rogers, Ph.D., direttore della ricerca sulla sicurezza alimentare e test presso Consumer Reports.