Microplastiche, Greenpeace: “Il 90% del sale da cucina è contaminato”

Ben 36 dei 39 campioni di sale da cucina analizzati, provenienti da diverse nazioni inclusa l’Italia, contengono microplastiche. Lo rivela una ricerca scientifica, pubblicata sulla rivista internazionale Environmental Science & Technology nata dalla collaborazione tra Greenpeace e l’Università di Incheon in Corea del Sud. Dall’indagine, che ha preso in esame campioni di sale marino, di miniera e di lago, risulta che 36 campioni erano contaminati da microplastica costituita da Polietilene, Polipropilene e Polietilene Tereftalato (PET), ovvero le tipologie di plastica più comunemente utilizzate per produrre imballaggi usa e getta. “Numerosi studi hanno già dimostrato la presenza di plastica in pesci e frutti di mare, acqua di rubinetto e adesso anche nel sale da cucina. Questa ricerca conferma la gravità dell’inquinamento da plastica e come per noi sia ormai impossibile sfuggire a tale contaminazione” dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia.

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I risultati di questa ricerca suonano con una conferma al livello di inquinamento da microplastica presente nei cibi come ha testimoniato il test pubblicato nel numero in edicola del Salvagente su 18 soft drink ( Seven Up, Pepsi, San Benedetto, Schweppes, Beltè, Coca-Cola, Fanta, Sprite tra gli altri ): la presenza di microplastiche non ha risparmiato alcun prodotto, tutte e 18 le bottiglie sono risultate contaminate, con valori che vanno da un minimo di 0,89 mpp/l (microparticelle per litro) ad un massimo di 18,89 mpp/l.

Le analisi sul sale da cucina

Tornando alla ricerca promossa da Greenpeace, nei campioni di sale marino è stata osservata una maggiore presenza di microplastiche (compresi tra 0 e 1674 microplastiche per chilo, escludendo il campione indonesiano), seguiti dai campioni provenienti da laghi salati (compresi tra 28 e 462 microplastiche per chilo) e dalle miniere (compresi tra 0 e 148 microplastiche per chilo). Anche i tre campioni di sale provenienti dall’Italia, due di tipo marino e uno di miniera, sono risultati contaminati dalle microplastiche con un numero di particelle compreso tra 4 e 30 unità per chilogrammo. Inoltre, in base ai risultati della ricerca e, considerando l’assunzione media giornaliera di 10 grammi, un adulto potrebbe ingerire, solo attraverso il consumo di sale da cucina, circa 2 mila pezzi di microplastiche all’anno considerando la concentrazione media di microplastiche in tutti i sali analizzati e fino a 110 sulla base del dato italiano peggiore.

Nei mesi scorsi Greenpeace ha lanciato una petizione (no-plastica.greenpeace.it), sottoscritta da quasi due milioni di persone in tutto il mondo, con cui chiede ai grandi marchi come Coca-Cola, Pepsi, Nestlé, Ferrero, Unilever, San Benedetto, Procter & Gamble e McDonald’s di assumersi le proprie responsabilità, partendo dalla riduzione di contenitori e imballaggi in plastica monouso immessi sul mercato.

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