La guerra del tappo agita l’olio italiano. Raccontata così sembra quasi un gioco ma non si tratta di una cosa di poco conto, non per i produttori italiani, non per i consumatori.
I fatti li ha raccontati, molto bene, Teatro Naturale il 28 settembre. Una circolare del Direttore generale del Ministero dello sviluppo economico, Stefano Firpo, affermava che, in attesa di modificare la legge 9/2013 “si ritiene opportuno promuovere un protocollo d’intesa tra Amministrazione e associazioni di produttori e di distributori affinché, a maggior tutela del consumatore, non vengano offerti in vendita allo stesso confezioni di olio recanti il dispositivo antirabbocco.” Una presa di posizione arrivata in risposta a una richiesta dell’Aipa (l’associazione dell’industria alimentare):
Di cosa si tratta? Di quei tappi, tanto per fare un esempio, che impediscono ai ristoratori di frodarci, aggiungendo olio più economico in una bottiglia che magari vanta un Dop.
La circolare, spiega Teatro Naturale, sarebbe finita nel dimenticatoio se le catene della grande distribuzione non l’avessero presa maledettamente sul serio, “di fatto mettendo al bando il tappo antirabbocco oggi più diffuso e utilizzato dal mondo della produzione”.
Con buona pace di chi aveva comprato le bottiglie e ora ce l’ha stoccate in magazzino.
Ma perché condannare il tappo antirabbocco? Perché il rischio è che la pallina che è all’interno del tappo si stacchi, finendo nel piatto dell’ignaro consumatore. Una cosa, notano gli esperti, che può avvenire solo se il tappo viene manomesso (magari proprio per frodare il cliente del ristorante). Ma in questo caso siamo di fronte a truffatori e non a rischi insiti nella bottiglia. E non è un caso che nell’uso comune nessuna associazione dei consumatori abbia mai ravvisato questo pericolo.
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Ovviamente pensare di togliere questo tipo di chiusura dalle bottiglie destinate ai consumatori significherebbe farle sparire anche dai tavoli dei ristoranti visto che i costi per una bottiglia ad hoc per la ristorazione sarebbero proibitivi. Senza contare che in molti si chiedono come reagire allo stop imposto alle forniture. Che fine faranno le bottiglie in produzione che rispettavano i dettami della norma? E perché prendere una decisione tanto drastica quando anche la circolare assicurava di voler sollecitare un protocollo di intesa sul quale non c’è stata neppure una consultazione?