Secondo il Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (Ecdc), metà delle diagnosi di Hiv in Europa sono fatte in ritardo, a sistema immunitario ormai compromesso, e l’Italia è uno dei paesi peggiori. La grave affermazione è contenuta nel rapporto annuale dell’Ecdc, che fa riferimento al 2016. Il dato positivo è che c’è una leggera diminuzione dei nuovi casi, sotto i 30mila. Su 31 paesi, quelli Ue più alcuni vicini, la media è di 5,9 nuovi casi l’anno ogni 100mila abitanti, con Lituania, Estonia e Malta che hanno però il triplo di diagnosi, mentre l’Italia è appena sotto questa cifra con 5,7.
Soprattutto giovani maschi
Tornando al dato più preoccupante, ottenuto calcolando la presenza delle cellule Cd4 nel sistema immunitario al momento della diagnosi, il 48% di queste è considerata in ritardo. L’Italia sfora il tetto del 50% insieme a Lituania, Romania, Grecia, Croazia, Estonia, Finlandia e Germania, e si attesta a un per niente onorevole 56%. Per quanto riguarda le modalità di contagio, il 40% dei contagi registrati è avvenuto durante rapporti sessuali tra uomini, il 32% per rapporti eterosessuali e il 4% per scambio di siringhe. Sconosciuta l’origine negli uomini. Il 70% dei nuovi casi si è verificata in uomini, mentre il tasso maggiore di diagnosi è stato osservato tra i 25 e i 29 anni, con i casi nei maschi che hanno il picco a 21,4 anni, mentre nelle donne è tra 30 e 39. Numeri che dimostrano come sia necessaria una campagna massiccia di informazione sulle prevenzione tra i più giovani.