“Italian do it better”, vi spiego perché la birra artigianale italiana è unica

Industriale o artigianale, l’estate è il momento migliore per godersi una birra fresca. Alle birre industriali è dedicato il test di copertina del numero di agosto del Salvagente (che si può acquistare qui) mentre abbiamo chiesto le ragioni del successo della bionda artigianale a Luca Giaccone che con Eugenio Signoroni cura la pubblicazione della Guida alle Birre d’Italia 2019, il viaggio di Slow Food all’interno dei birrifici regionali.

L’Italia, infatti, dopo Stati Uniti, Spagna e Regno Unito, è la nazione che nel periodo 2010-2015 ha riscontrato la crescita annuale maggiore nel numero complessivo dei birrifici (+71,8 in media), superando Paesi di ben più radicata vocazione brassicola come il Belgio o la Germania, che hanno riscontrato una crescita rispettivamente di 15,2 e di 9,8 microbirrifici ogni anno. Considerando il decennio 2005-2015, ogni anno in Italia sono nati 53 nuovi microbirrifici in media (8 in Belgio, 11 in Germania).

Luca, che caratteristica ha la produzione artigianale di birra italiana rispetto a quella belga o inglese?

L’Italia è l’unico paese dell’Unione europea in cui esiste una denominazione legale di “birra artigianale”. Per la legge “si definisce birra artigianale la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione”. Negli altri paesi il confine è molto più labile con le conseguenze che ne derivano. Questo – seppur su un piano normativo – è comunque un carattere distintivo della nostra produzione.

E sul gusto?

Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente

Sì! Voglio scaricare gratis il numero di giugno 2023

Fino ad oggi i birrai nostrani hanno prodotto tutte le tipologie di birre. Tuttavia negli ultimi anni sta prendendo piede l’aggiunta del mosto di vino alla birra. Questo stile, credo, ha tutte le carte in regola per diventare il vero made in Italy della birra. Alla fine del 2016 il Bjcp (Beer Judge Certification Program), punto di riferimento per la categorizzazione delle birre, ha inserito il capitolo “Italian styles” con la categoria IGA “Italian Grape Ale”. Seppur come stile non ancora ufficiale, veniva riconosciuta una italianità produttiva per le birre con presenza di uva, mosto o mosto cotto, presenti in percentuali variabili, senza alterare l’anima brassicola del prodotto. Poi c’è da parte dei birrai la ricerca di caratterizzare le loro produzioni con elementi che ricordano la provenienza regionale.

In che senso?

I microbirrifici riproducono molto spesso i gusti della cucina locale. Facciamo l’esempio del Lazio: qui la cucina è molto amara, penso alle puntarelle e ai carciofi, e forse è un caso (o forse no) che nel Lazio si bevono le birre più amare d’Italia.

Perché scegliere una birra artigianale?

Per la profondità del prodotto. Se c’è una cosa che il mondo dell’artigiane deve ancora imparare è la costanza e l’assenza di difetti. Non sempre la qualità delle birre artigianali è al top ma il risultato del prodotto è sempre interessante. La birra artigianale è un prodotto vivo mai uguale a se stesso, come, invece, si può dire dell’industriale. Senza dimenticare che nel panorama italiano ci sono dei prodotti interessantissimi.

Un difetto…

Il prezzo troppo elevato rispetto alla produzione industriale resta un limite alla diffusione delle birre artigianali. Se questo è vero per le bottiglie (8 euro per  75cl rispetto ai 3 delle artigianali), lo stesso non può dirsi per i fusti che spesso sono più economici. La vera svolta si avrà quando si diffonderanno i pub indipendenti.