Che lo sbarco di Iliad, il nuovo operatore della telefonia mobile, abbia agitato il mare delle Telco, l’avevamo già registrato ieri con le reazioni e le offerte di Tim e Fastweb. Oggi, però, si registra il fuoco di sbarramento, a dir poco clamoroso, di Tim che si rivolge a Salvini per un presunto problema di sicurezza della concessione di sim da parte del nuovo concorrente.
L’accusa si basa sul fatto che le SimBox, gli apparecchi di Iliad che permettono dallo schermo di effettuare il passaggio all’operatore, non garantirebbero l’identificazione certa di chi stipula un contratto. È la Legge Pisanu del 2005 per il contrasto al terrorismo internazionale a rendere obbligatoria l’identificazione del titolare di una Sim attraverso documento di identità.
Ovviamente la procedura automatizzata di Iliad prevede che si debbano inserire gli estremi di un documento (esattamente come fanno molti altri operatori). Qual è la differenza, allora? Che le macchinette del gestore francese erogano immediatamente la sim e se qualcosa non dovesse quadrare bloccano il contratto dopo qualche ora. I malintenzionati potrebbero approfittare di questo lasso di tempo per non essere rintracciati.
Insomma la battaglia è aperta e gli utenti italiani della telefonia mobile che speravano in una guerra di sconti a loro vantaggio, ora la vedono spostarsi sui tavoli del ministero degli Interni a guida leghista, con dinamiche che poco hanno a che fare con la concorrenza di un mercato maturo.
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