Da alcuni anni il vero business del marketing alimentare si gioca sulla parola “senza”: la mancanza, tra gli ingredienti, di sostanze dannose fornisce un valore aggiunto al prodotto, che si traduce spesso in prezzi più alti. Vale anche per i salumi “senza nitriti e nitrati”, o più genericamente “senza conservanti” che cominciano a farsi spazio tra gli scaffali dei supermercati, talvolta in barba alla verità e agli stessi obblighi di legge. La tempistica non è casuale, dato che a partire dal 2015, quando l’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro (Iarc) ha affermato pubblicamente, e senza essere smentita, che la carne rossa, soprattutto quella lavorata (insaccati, affumicati) è cancerogena, il dibattito pubblico si è acceso. I principali indiziati per i danni alla salute sono proprio i nitriti e i nitrati, usati come coloranti e conservanti, in grado di evitare la formazione del botulino. Sempre più aziende, tra cui anche nomi importanti come Rovagnati, e Fiorucci, inseriscono tra le proprie produzioni linee “naturali”, senza questi additivi. Ma quanto c’è di vero, e soprattutto, è sicuro?
Il rischio botulino
Secondo Roberto Pinton, segretario di Assobio e esperto di agroalimentare, “nella maggior parte dei salumi i nitriti e nitrati hanno un effetto solamente estetico, servono a mantenere il colore rosso vivo, ma non hanno nessun effetto tecnologico utile perché il botulino non si sviluppa nei prodotti che hanno un pH inferiore a 4,6, i salami che sono fermentati non possono avere sviluppo di botulino”. Dunque, c’è una parte di salumi che non avrebbero bisogno di nitriti e nitrati, ma li contengono per ragioni estetiche: “Tu non puoi vendere il prodotto, soprattutto quello già affettato, marrone, perché nessuno te lo comprerebbe” spiega l’esperto.
Additivi naturali ma pur sempre dannosi
Ci si chiede, allora, come facciano i prodotti che vengono pubblicizzati come “naturali” a mantenere un colorito attraente, e qui si scopre uno stratagemma poco trasparente nei confronti dei consumatori. “Ci sono delle aziende che facendo un’operazione, secondo me squallida – dice Pinton – scrivono ‘senza nitriti e senza nitrati’, e aggiungono al prodotto concentrati di erbe che hanno concimato all’ira di dio. Ma siccome la concimazione sviluppa azoto, la pianta è piena di nitriti e nitrati, però tu tecnicamente non stai aggiungendo questi, ma solo erbe”. Prendiamo la linea Naturals di Rovagnati, che comprende prosciutto crudo e cotto, mortadella e salame: qui la descrizione del prodotto è più articolata e sfumata di quanto detto sopra. L’azienda parla di prodotti “senza alcun additivo o coadiuvante di origine chimica, e ‘0% nitriti artificiali’, poiché non è fatto uso di nitriti di sintesi chimica”. Insomma, non promette zero nitriti in assoluto, ma glissa sulla presenza di nitriti di origine vegetale. Discorso simile per il prosciutto cotto della linea Naturissimo di Fiorucci che non nomina mai i due famigerati conservanti, ma scrive: “Solo ingredienti naturali per un prodotto unico e di alta qualità che risponde alla sempre crescente attenzione verso il benessere e l’alimentazione sana”. Ma a fugare qualsiasi dubbio sulla possibilità che i prosciutti cotti possano evitare del tutto conservanti dannosi, vi è una constatazione semplice: se lo facessero sarebbero fuori legge.
La legge obbliga i nitriti nel cotto
La normativa italiana, infatti, rende obbligatoria la presenza di nitriti nei prodotti denominati “prosciutto cotto” , “prosciutto cotto di alta qualità” o “prosciutto cotto scelto”, vietando solo la presenza di nitrati. “Ma i nitrati diventano pericolosi proprio trasformandosi in nitriti!” sbotta Pinton, “il divieto dei primi è stata una via di mezzo per accontentare l’industria, più fumo che arrosto”.
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I crudi realmente senza additivi
Per quanto riguarda gli altri salumi, invece, nessun obbligo di inserire nitrati o nitriti, tanto che i prosciutti crudi a lunga stagionatura ne fanno totalmente a meno, come i Dop prosciutto di Parma e San Daniele, e alcune eccellenze a marchio Coop: prosciutto crudo stagionato Origine, prosciutto crudo stagionato, culatello Fior Fiore, e Culatta Fior Fiore. Riguardo gli altri salumi, Matteo Mantovani specialista salumi Coop Italia, spiega: “Coop da anni sugli altri salumi ha stabilito nei propri capitolati dei limiti più bassi di utilizzo di questi conservanti rispetto a quelli previsti dalla normativa, ispirandosi così facendo a quella del biologico, che è più restrittiva”. Nei salumi bio, infatti, il limite massimo di nitriti e nitrati è un terzo di quello ammesso nei convenzionali.
“Un tappo alla ricerca”
Rimane del tutto aperta, dunque, la questione di una legislazione italiana che rischia di fare da “tappo” allo sviluppo di conservanti alternativi ai problematici nitriti e nitrati. “L’Europa, infatti, non obbliga ad usare queste sostanze – conclude Pinton – e del resto il vero obiettivo è quello di tenere sotto controllo la carica batterica. Così si rischia di disincentivare la ricerca tecnologica dell’industria alimentare per sostituire nitriti e nitrati”. Come invece è riuscita a fare l’azienda francese Herta, con il prosciutto cotto Bon Paris, che dopo cinque anni di ricerca, ha meritato la dicitura “senza nitriti e nitrati”. Di nessun genere.