Presi di petto, sul Salvagente in edicola 12 petti di pollo in laboratorio

Puliti dal punto di vista microbiologico. Senza alcuna traccia di contaminanti dannosi per la salute, come la salmonella e il campylobacter. E liberi anche da pesticidi e trattamenti farmacologici. Non sempre “leggeri” però, come invece ci si aspetterebbe da questo tipo di carne. Dall’analisi di 12 campioni di petti di pollo, tra quelli più venduti (da Aia ad Amadori e poi Esselunga, Coop, Fileni, Lidl…) nei supermercati che il Salvagente ha portato in laboratorio e i cui risultati sono pubblicati nel numero in edicola e in pdf da oggi 24 ottobre, emerge un quadro tranquillizzante dal punto di vista del rischio microbiologico e dal lato nutrizionale un sorprendente, almeno per le comuni convinzioni, apporto di ferro, elevato per una carne avicola. Altrettanto inatteso, però, è il risultato ottenuto dalle nostre analisi sui grassi totali, in media molti più elevati di quello che ci si possa aspettare da un prodotto prediletto nelle diete per il suo buon apporto proteico e la presunta leggerezza.

“Dimenticatevi un alimento magro”

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Le nostre prove evidenziano altro. Come ci conferma la dottoressa Laura Di Renzo, docente di Nutrizione clinica presso l’Università Roma Tor Vergata, che ci spiega nell’intervista pubblicata in queste pagine: “Il valore che ci si aspetta, confrontando le tabelle nutrizionali del Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, è intorno a 1 grammo di grassi totali ogni 100 grammi di prodotto: i vostri campioni di media ne hanno il doppio”. Esattamente 2,2 grammi per 100 grammi di petto di pollo è la media registrata dalle nostre analisi: si va da un minimo di 1,1 grammi a ben 3,8 grammi.

Da dove derivano tutti questi grassi?
Le cause possono essere molteplici. Influisce sicuramente la selezione genetica, che negli ultimi anni ha “brevettato” pulcini a rapida crescita, capaci in 5-6 settimane di sviluppare fino a 2,5 chili di petto, privilegiando la massa grassa. Incide sicuramente anche lo scarso movimento tipico degli allevamenti intensivi e il tipo di alimentazione, come spieghiamo nel dossier che segue.

In batteria… “Sembrano tutti uguali”

Grassi a parte, le notizie confortanti del nostro test sono importanti. E per una volta, in un settore che vive nell’eterno sospetto, molto tranquillizzanti. Nei campioni testati non abbiamo infatti trovato né antibiotici né contaminanti. E da questo punto di vista tutti i campioni sembrano davvero assomigliarsi. Come ci spiega Daniela Maurizi, esperta di sicurezza alimentare e amministratore delegato del gruppo Maurizi, nei cui laboratori abbiamo sottoposto ad analisi i 12 petti di pollo: “In base ai risultati ottenuti, ma anche giudicando l’aspetto dei campioni analizzati, possiamo dire che non esistono grandi differenze: anzi sembra quasi che derivino dallo stesso tipo di animale. Da un punto di vista microbiologico possiamo affermare che ci sono alcuni campioni che hanno una carica batterica un po’ più accentuata, ma ricordiamo che si tratta di carne destinata al consumo dopo cottura. È molto positiva l’assenza di salmonella e campylobacter, così come quella di farmaci e antiparassitari che spesso vengono impiegati negli allevamenti: fipronil e sulfamidici”.

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