Gli interessi di mora si sommano a quelli corrispettivi e se il risultato è superiore alla soglia di usura prevista dell’articolo 1 della legge 108/96, sono dichiarati illegittimi: la banca non può richiederli e il mutuatario è tenuto a restituire solo la quota capitale.
Gli interessi di mora si sommano ai “normali”
È questo il senso della sentenza della Corte di Cassazione espressa con l’ordinanza 23192/17, pubblicata il 4 ottobre dalla sesta sezione Civile che riapre la partita dei cosiddetti mutui usurari. Diversi tribunali in questi anni hanno dato ragione ai consumatori e aziende che sostenevano che, al di là dall’aver pagato o meno gli interessi di mora, la sola previsione contrattuale della clausola che li prevede, impone di considerarli ai fini della soglia di usura. E le sentenze che ne sono scaturite hanno “condannate” le banche ad esigere “solo” la restituzione della quota capitale del mutuo, senza interessi.
“Restituite il capitale, senza interessi”
Nell’ordinanza della Suprema Corte si afferma che per accertare se sono usurari o meno gli interessi praticati sul mutuo dalla banca è possibile cumulare quelli corrispettivi e quelli moratori e verificare poi il superamento del tasso-soglia ai sensi dell’articolo 1 della legge 108/96, tanto che nella fattispecie il debitore dovrà restituire solo la sorte capitale e non gli interessi, essendo nulla in ragione dell’articolo 1815 del codice civile la relativa pattuizione.
Scrivono gli ermellini: “l’articolo 1815, comma 2, del codice civile stabilisce che ‘se sono dovuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi’ e ai sensi dell’articolo 1 decreto legge 29 dicembre 2000, n. 394, convertito in lege 28 febbraio 2001, n. 24, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento; il legislatore, infatti, ha voluto sanzionare l’usura perché realizza una sproporzione oggettiva tra la prestazione del creditore e la controprestazione del debitore”.