Non ci sono solo le pressioni esercitate da Monsanto sulla Iarc, l’Agenzia internazionale sulla ricerca contro il cancro, che ha definito come “probabile cancerogeno” il glifosato (principio attivo del RoundUp, l’erbicida più usato al mondo), e testimoniate dall’inchiesta condotta da Le Monde oggi riportata dal settimanale Internazionale. Dai Monsanto Papers emergono anche i condizionamenti messi in atto dal big dei pesticidi sull’Epa, l’Autorità di protezione ambientale, competente a rilasciare negli Stati Uniti le licenze all’uso dei pesticidi.
Dalle carte del processo intentato contro la Monsanto dallo Stato della California emergono, come abbiamo testimoniato nel numero di giugno, i condizionamenti dei dipendenti dell’Epa da parte del big del biotech.
“Smetti di mentire”
A squarciare il velo della vicenda una lettera, ritrovata a oltre tre anni dalla morte di uno scienziato. L’ultimo capitolo nella storia degli intrecci tra glifosato, scienza e affari è dello scorso aprile e viene reso noto grazie agli atti del processo che vede opposto lo Stato della California alla Monsanto. Autore della missiva è Marion Copley, uno scienziato che lavorava da 30 anni all’Epa, l’Ente di protezione ambientale americano, il massimo organo istituzionale nordamericano nel campo dei pesticidi. Copley, famoso per aver ricevuto numerosi premi, l’aveva indirizzata al suo collega Jess Rowland, chiamato nell’ambiente “la talpa della Monsanto” per l’atteggiamento molto favorevole nei confronti della multinazionale. Nella lettera lo scienziato chiedeva di “smettere di mentire sui pericoli del RoundUp e del glifosato”. Il documento è datato marzo 2013, due anni prima che il dibattito pubblico sulla cancerogenicità del glifosato iniziasse sul serio.
“Per una volta non pensare ai soldi”
Il dottor Copley era tossicologo capo presso la Divisione di Effetti sulla salute dell’Epa e aveva lavorato a stretto contatto con Rowland. A stroncare la sua carriera e la sua vita una diagnosi di cancro terminale, che lo costringe a ritirarsi e lo porta alla morte nel gennaio 2014.
Non più di un anno dopo la Iarc, raggiunge la stessa conclusione sul diserbante Monsanto: il glifosato è potenzialmente cancerogeno.
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Il dottor Copley, dunque, aveva anticipato il verdetto dell’agenzia Oms, raccogliendo non meno di 14 effetti conosciuti del glifosato, tutti plausibili per l’aumento del rischio di linfoma.
“Uno qualsiasi di questi meccanismi da solo potrebbe causare tumori, ma il glifosato li raccoglie tutti contemporaneamente”, aveva sentenziato.
Uno dei passaggi resi noti è la richiesta accorata a Jess Rowland di proteggere i consumatori invece degli interessi della Monsanto: “Per una volta nella tua vita, ascolta e non fare il gioco della collusione tra scienza e politica. Per una volta fa la cosa giusta e non prendere decisioni basate su quali saranno i tuoi guadagni”.
Scienza comprata
Le pesanti ombre sulla trasparenza e l’indipendenza dell’Epa, non sono le uniche a caratterizzare questa vicenda. Appena un mese prima, a marzo di quest’anno, era uscito il rapporto “Buying Science” (letteralmente “Scienza comprata”). Un libro bianco, compilato e reso pubblico da un pool di associazioni, tra cui Friends of the Earth, che documenta come Monsanto e altri produttori di glifosato abbiano distorto le prove sugli effetti per la salute pubblica del glifosato per mantenerlo sul mercato.
Tra il 2012 e il 2016, documenta il rapporto, le aziende hanno sponsorizzato una serie di recensioni pubblicate su riviste scientifiche, che inevitabilmente concludono che l’erbicida e le sue formulazioni commerciali non sono nocive.
Questi pareri, sostenuti dall’industria, contengono secondo il report, gravi difetti scientifici, che vanno dall’omissione di dati alla violazione delle linee guida dell’Ocse per la valutazione degli studi sul cancro nei roditori. E assegnano un maggior peso agli studi condotti dalle industrie, non pubblicati, piuttosto che a quelli pubblicati in riviste scientifiche specializzate dopo un severo processo di valutazione (peer-reviewed)
Nonostante questo diverse autorità di regolamentazione europee e Usa li hanno presi sul serio.Tra queste l’Istituto tedesco federale per la valutazione dei rischi (BfR), l’Efsa e l’Epa.
“I produttori di glifosato hanno ingannato le autorità di regolamentazione di tutto il mondo in ogni modo per minimizzare gli effetti allarmanti del glifosato sulla salute. Il fatto che le agenzie abbiano accettato la loro ‘assistenza’ è niente di meno che uno scandalo”, conclude Helmut Burtscher, uno degli autori dello studio.
Ricercatori o teste di legno?
Accuse di parte? Senza dubbio provengono dal fronte contrario al glifosato, promotore tra l’altro della petizione europea che chiede alla Ue di non autorizzarlo ancora. Ma si tratta di un punto di vista basato su prove concrete. Alcune delle quali fanno rumore anche Oltreoceano.
Un’inchiesta del quotidiano statunitense New York Times, rivela che la Monsanto – la multinazionale che possiede il Roundup – ha “scritto” gli studi che poi ricercatori indipendenti avrebbero firmato. Una tesi documentata attraverso le mail interne a Monsanto e gli scambi che la multinazionale ha intrattenuto con le Agenzie federali americane. Da queste sembra inequivocabile il fatto che il big dei pesticidi sia autore nascosto di alcuni studi, attribuiti in modo falso ad accademici presentati come indipendenti.
In una di queste mail William F. Heydens, responsabile di Monsanto, spiega ad alcuni colleghi come funziona il processo. L’azienda contatta uno scienziato, gli fornisce uno studio sul glifosato redatto dalla multinazionale, e gli chiede soltanto di aggiungere la sua firma. Un atteggiamento non nuovo, visto che nella stessa mail, Heydens cita casi precedenti in cui Monsanto si è comportata così.