Tutela della concorrenza e libertà di accesso degli utenti a rete e applicazioni. A questo punta il disegno di legge presentato dal deputato Stefano Quintarelli, che dopo aver incassato il sì della Camera (dove la proposta è stata approvata senza alcun voto contrario, per poi attraversare felicemente tutte le commissioni del Senato senza subire variazioni), rischia di trovare ostacoli a un passo dall’approvazione del testo.
“L’iter fin qui è stato lineare e la proposta è stata condivisa quasi all’unanimità ” ci conferma Quintarelli, soddisfatto ma al contempo preoccupato che un’interpretazione distorta del testo proposto, che ha girato parecchio sui media, possa impedire la nascita di una buona legge.
Una legge che guarda al futuro, che si preoccupa di porre le basi affinché sia sempre garantito un accesso libero ed egualitario alla rete per tutti gli utenti.
Insomma, la proposta vuole rendere effettiva la tutela della neutralità della rete, per la quale esiste già un regolamento europeo “sprovvisto però di sanzioni”, fa notare Quintarelli, che per rendere chiaro il concetto di “net neutrality” ci fa un esempio: “così come un edicolante deve mettere in vendita tutti i giornali (non può scegliere cosa si deve leggere e cosa no), chi gestisce la rete deve ammettere che tutti i siti siano visibili agli utenti. Stesso discorso si deve fare con riferimento alle applicazioni (“device neutrality“): chi gestisce la piattaforma non può fare delle discriminazioni ingiustificate, ovvero non motivate da ragioni tecniche”.
Punite le “discriminazioni dolose”
Ma andiamo con ordine. Il disegno di legge si intitola “Disposizioni in materia di fornitura dei servizi della rete Internet per la tutela della concorrenza e della libertà di accesso degli utenti”.
Il cuore del provvedimento sta nel sistema sanzionatorio – vera novità del provvedimento – che punisce le “discriminazioni dolose” poste in essere dai gestori della rete e che causano un danno all’utente.
E qui andiamo al nocciolo della questione: quali sono le azioni discriminatorie punibili? “l’intento della legge è sanzionare le azioni dei gestori della rete (o delle applicazioni) dettate esclusivamente da ragioni anticompetitive, che dunque danneggiano il consumatore”. Come quella di impedire arbitrariamente a un’azienda di distribuire il proprio software su qualsiasi canale, o ai consumatori di scegliere liberamente quale software installare o non installare sui propri dispositivi.
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“Tempo addietro – ricorda Quintarelli per fare un esempio concreto – Apple aveva tolto le mappe di Google, proprio nel momento in cui stava lanciando le sue. Quelle di Google erano tornate disponibili dopo 7 mesi”.
Procedura veloce e poco costosa
Di fondamentale importanza, poi, è far sì che la tutela sia effettiva. Per riuscirci, il procedimento sanzionatorio deve essere facilmente attivabile ed esaurirsi in pochi mesi.
“La tutela dell’Antitrust è lunga e costosa” commenta Quintarelli. “Pensiamo al caso Google di questi giorni che è durato 8 anni, e adesso continuerà chissà per quanto dato che è stato presentato ricorso. Se tutto va bene, avremo avuto una parola definitiva in 15 anni! Per il consumatore, la piccola azienda, questa è di fatto una strada impraticabile. La mia proposta, invece, prevede che il consumatore possa segnalare all’Antitrust la pratica scorretta; nel corso dell’eventuale istruttoria l’Autorità esaminerà se il limite all’installazione o disinstallazione è configurabile come elemento di una fattispecie (dolosa) tesa a limitare le scelte economiche del consumatore medio (il consumatore con buona abilità di utilizzo dei dispositivi, capacità di reperire software alternativo, ecc..); se il riscontro fosse positivo, potrà essere comminata una sanzione economica, una multa, contro la quale il produttore può comunque fare ricorso al Tar. Ovviamente, il percorso all’Antitrust oggi esistente per eventuali abusi di mercato non cesserebbe di esistere”.