C’è un articolo del codice della strada che molti automobilisti dovrebbero tenere bene a mente: si tratta dell’art. 2 che classifica le strade a seconda delle loro caratteristiche tecniche minime, distinguendo tra autostrade, strade extraurbane principali e secondarie, urbane di scorrimento, e così via. Per quel che qui interessa, secondo il terzo comma del medesimo articolo, sono “strade urbane a scorrimento” quelle che hanno “carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico, ciascuna con almeno due corsie di marcia, ed una eventuale corsia riservata ai mezzi pubblici, banchina pavimentata a destra e marciapiedi, con le eventuali intersezioni a raso semaforizzate; per la sosta sono previste apposite aree o fasce laterali esterne alla carreggiata, entrambe con immissioni ed uscite concentrate”.
Perché dovremmo imparare a memoria questa tiritera? Perché la multa per eccesso di velocità rilevato da un autovelox senza contestazione immediata è valida solo se la strada non permette il fermo in condizioni di sicurezza, come avviene in un’arteria urbana “a scorrimento”. Altrimenti – se cioè la strada permette il fermo in condizioni di sicurezza – gli agenti hanno l’obbligo di fermarci per contestare immediatamente la violazione nei nostri confronti.
Ed ecco che il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi diventa fondamentale. Un eccesso di velocità rilevato da un autovelox e sanzionato senza contestazione immediata su una strada che non è a scorrimento è illegittima e il relativo verbale può essere annullato dal giudice o dal prefetto.
A stabilire il principio è un’ordinanza della Cassazione Civile (n. 5532/17, pubblicata il 6 marzo scorso) che ha dato ragione a un automobilista sanzionato per violazione del limite di velocità, sulla base del rilevamento di un autovelox e senza essere stato fermato dagli agenti. L’automobilista multato ha sostenuto che il tratto di strada su cui si era verificata la violazione era stato inserito erroneamente dal prefetto tra quelle per cui, non essendo possibile il fermo del veicolo «in condizioni di sicurezza», si potevano installare gli autovelox. Ma non era così. La strada non aveva le caratteristiche tecniche descritte dal codice della strada per essere considerata “a scorrimento” e dunque poteva permettere il fermo immediato del conducente. Un errore inserirla nel decreto prefettizio, che dunque andava disapplicato e la multa annullata.
Secondo la legge, infatti, gli autovelox possono essere installati nelle strade extraurbane secondarie e urbane di scorrimento o su singoli tratti di esse individuati dal prefetto con apposito decreto. Ma già nell’estate del 2016 la Corte di Cassazione (sentenza n. 12231 del 14 giugno) aveva precisato che la discrezionalità del prefetto di individuare le strade in cui non è possibile il fermo di un veicolo (e dove, quindi, può legittimamente evitarsi la contestazione immediata dell’infrazione al limite velocità) non deve mai prescindere dalla valutazione del tratto stradale: solo in presenza di una strada urbana a scorrimento (ovvero “con spartitraffico centrale“) è, quindi, possibile la legittima previsione della mancata contestazione immediata.
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