L’anti-frodi per il bio? Piace all’estero (ma non al nostro ministero)

Il settore del biologico continua a crescere nonostante la contrazione generale dei consumi dovuti alla crisi economica: un +8% di consumi oltre a un aumento del 10% di superficie coltivata a bio in Italia, che lo porta a rappresentare circa il 12% dei terreni agricoli. Anche per questo, diventa sempre più importante metterlo al riparo da frodi e truffe, che a lungo andare rischierebbero di indebolirne la credibilità. Per questo FederBio, che riunisce le organizzazioni operanti in tutta la filiera dell’agricoltura biologica e biodinamica, ha dato vita, insieme ad Accredia, l’ente che accredita tutti gli organismi di controllo (odc) italiani, a una piattaforma innovativa che incrocia i dati di produzione e di acquisto per scoprire in tempo reale se qualcuno sta facendo il furbo.

Uno strumento in più per scovare le frodi

La piattaforma, che viene presentata in queste ore a Siviglia al Convegno europeo delle aziende trasformatici del biologico, si chiama Fip (Federbio Integrity Platform) e attualmente è attiva solo per il comparto dei cereali, per cui però già nei primi giorni ha ottenuto risultati interessanti. Lo conferma al Test-Salvagente, Roberto Pinton, segretario della sezione trasformatori di Federbio: “La prima settimana abbiamo trovato in Italia un’azienda che aveva una resa esagerata rispetto alle quantità che poteva produrre, e un’altra che stava vendendo come biologico del prodotto che era ancora in conversione. Senza questa piattaforma ce ne saremmo accorti alla prossima visita di controllo”. La piattaforma, infatti, si aggiunge ai normali controlli previsti per il settore agroalimentare in generale, e a quelli specifici del biologico, portati avanti dagli organismi di controllo accreditati, che però raramente riescono ad effettuare più di 1-2 visite all’anno per azienda. Il meccanismo di Fip, invece, rende tutto più semplice.

I dati vengono incrociati

In Italia le aziende agricole devono presentare ogni anno dei documenti che si chiamano Pap, piani annuali di produzione, in cui descrivono il tipo di coltivazione che vogliono fare su ogni appezzamento a disposizione.  Accredia ha organizzato una banca dati, “DataBio”, che viene alimentata da tutti i piani annuali di produzione raccolti da tutti gli odc. “Così – spiega Pinton – quando l’azienda di Mario Rossi dice ‘Io vendo 10 tonnellate di prodotto’ il sistema in automatico controlla se queste 10 tonnellate sono realistiche in base alle caratteristiche dichiarate, come la terra a disposizione o la resa media per zona geografica. I controlli li fa in automatico il software. Si accende una luce rossa, parte in automatico una mail all’organismo di controllo dell’azienda, che dice: ‘c’è qualcosa che torna’, e nel giro di due giorni l’organismo va a fare un’ispezione, oppure controlla che non ci sia stato un errore'”.

L’adesione di Coop, Esselunga e Naturasì

Il punto di forza di questa piattaforma è che il settore biologico ha deciso di renderla obbligatoria, per cui dal 1 gennaio 2017, non si potrà fare biologico se non si è aderenti a questa piattaforma. Al momento il sistema funziona solo per i cereali, grano, orzo, soia, mais, e tutte le 55 mila aziende bio certificate italiane ne fanno parte. “Ci abbiamo messo un anno e mezzo di discussioni col ministero, che alla fine ha acconsentito. Gli odc hanno modificato i contratti con le aziende. E inoltre Coop, Esselunga e Naturasì hanno già aderito dicendo ai loro fornitori: ‘O sei in questa piattaforma o io da te non compro più niente'”. Anche i più grandi trasformatori di cerali sono entrati nella piattaforma, tra cui Molino Casillo, che è il più grande mulino d’Europa, Molino Grassi, e Progeo, pretendendo dai loro fornitori che siano tracciati all’interno di questo sistema.

Il ministero non vuole condividere i dati

La decisione di creare Fip, secondo Federbio, nasce dalla voglia di accelerare un processo già avviato alcuni anni fa dal ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali (Mipaaf). Spiega Roberto Pinton: “Prima i piani inviati in forma cartacea alle singole regioni e lì rimanevano. 5-6 anni fa il ministero, spendendo una somma ingente, come un milione e mezzo di euro ha realizzato un sistema per le notifiche telematiche, per cui queste operazioni devono essere fatte online. Quasi dappertutto appoggiandosi ai Caf, centri di assistenza agricola che li caricano online”. Il problema è che non tutte le regioni hanno ancora attivato il caricamento online dei dati. “Quando funzionerà – continua il dirigente di Federbio – la banca dati ministeriale sarà uno strumento efficiente, purtroppo al momento non funziona ancora”. Per i promotori di Fip, l’ideale sarebbe stato che il Mipaaf avesse reso possibile l’accesso alla banca dati pubblica, cosa che però non vuole fare. “Probabilmente, il motivo è che al ministero il sistema di controllo privato non piace tanto, perchè lui lo deve coordinare, ma garantendo il rispetto assoluto della legalità e della privacy, se la condivisione è ai fini di migliorare il controllo, perché mi dici di no?” si chiede Pinton, che a Siviglia spera di coinvolgere anche gli organismi di controllo degli altri Paesi europei per rendere strutturale l’adesione alla piattaforma, già avviata dai fornitori stranieri dei trasformatori italiani. 

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