Serve un limite di legge stringente sull’acrilammide e non più un blando “valore-guida”, come quello tutt’ora in vigore, che le industrie alimentari possono decidere di rispettare oppure no. Lo chiedono i consumatori anche se l’Europa e le aziende sono contrari. A confermare l’esigenza di una legislazione più severa sono irisultati del nostro test sulle patatine fritte acquistate da McDonald’s, Queen’s chips e co., pubblicati sul prossimo numero disponibile da oggi in digitale e da domani 24 novembre in tutte le edicole, parlano chiaro: senza un tetto normativo alla concentrazione di questa sostanza cancerogena la sicurezza dei consumatori è a rischio.
E sull’acrilammide e sulla prossima regolamentazione comunitaria si sta giocando una partita fondamentale in queste settimane a Bruxelles: da una parte i lobbisti della food industry decisi a mantenere lo status quo dall’altra i consumatori, sostenuti da Ong come Safe, che chiedono finalmente norme più severe a tutela della loro salute.
“L’acrilammide è una sostanza definita dall’Efsa cancerogena e genotossica e per questo la Commissione europea deve mettere un limite di legge alla sua concentrazione nei cibi come avviene per tutti i contaminanti. Il 7 febbraio a Bruxelles si dovrà prendere una decisione: i lobbisti dell’industria alimentare sono lanciatissimi nel sostenere i loro interessi, per questo è importante sostenere le nostre ragioni che sono quelle dei consumatori europei!”.
A parlare è Floriana Cimmarusti, avvocato esperto di legislazione europea, direttrice dell’associazione Safe, Safe Food Advocacy Europe, una Ong che si batte per la sicurezza alimentare e i diritti dei consumatori e cerca di contrastare gli appetiti dell’industria alimentare che si allungano sulla regolamentazione comunitaria e cercano (spesso con successo) di condizionarla. È quello che rischia di accadere sull’acrilammide e per questo Safe da tempo ha lanciato una petizione e per prima ha svelato i tentativi di condizionamento della Commissione da parte della food industry.
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Dottoressa Cimmarusti, che partita si sta giocando a Bruxelles?
Una partita fondamentale che riguarda la salute e la sicurezza alimentare dei consumatori. Il fondamento giuridico alla base della decisione che l’Europa dovrà prendere il prossimo 7 febbraio per noi è sbagliato: l’acrillamide è un contaminante altamente tossico e la Ue invece di incardinare la nuova normativa sul Regolamento europeo relativo ai contaminanti, la sta basando sul Regolamento igiene, molto meno vincolante.
In pratica il Regolamento sui contaminanti stabilisce un livello massimo di legge, che non può essere superato dalle aziende, mentre quello relativo all’Igiene alimentare è più blando e consente di continuare ad avere “valori-guida” che se vengono superati però non scatta nessun ritiro dal mercato del prodotto o sanzioni per le aziende. È così?
Si questo è il rischio e perciò noi sosteniamo che è la base giuridica della normativa è sbagliata e qualora passasse la nuova normativa è di fatto illegale.
La posizione della Commissione è paradossale: l’Efsa stessa non ha definito una dose giornaliera tollerabile perché ritiene che una sostanza genotossica non debba essere presente negli alimenti…
Questa ammissione dell’Efsa significa proprio che la concentrazione di acrilammide debba essere la più bassa possibile nei cibi e per arrivare a questo serve definire un livello massimo ammissibile e non continuare a dare alibi all’industria alimentare che non ha fatto molto per eliminare questa sostanza dai loro prodotto.
In fatto di acrilammide, la Ue è intervenuta con una raccomandazione nel 2013 poi più nulla. Ora tutta questa fretta da cosa è motivata?
Hanno paura che altri Stati seguano la Danimarca che nei mesi scorsi ha deciso autonomamente di fissare limiti più stringenti per l’acrilammide. La Ue, ma soprattutto food industry, temono che altri paesi diano un giro di vite alla normativa nazionale e per questo cercano di correre ai ripari.
Oltre alla “base” giuridica, anche l’iter decisionale è molto discutibile: a votare a maggioranza sarà un comitato formato da 28 rappresentanti degli stati membri e non direttamente la Commissione. L’Italia che posizione prenderà?
Dalle indiscrezioni che sono trapelate la rappresentante italiana nominata dal ministero della Salute voterà a favore secondo l’orientamento della Commissione, cioè per il mantenimento dello status quo e quindi contro l’introduzione di un limite di legge.