Dopo l’etichetta del latte, è in arrivo l’etichetta con l’origine di produzione anche per la pasta. A dichiararlo è il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina che ha annunciato l’avvio di un percorso di tracciabilità e riconoscibilità dell’ etichettatura di grano e pasta insieme al ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. Durante il question time al Senato, Martina ha dichiarato: “Proprio in queste ore, stiamo definendo per la filiera della pasta e del grano un analogo processo simile a quello seguito per il latte”, facendo riferimento al decreto sull’obbligo di indicazione del paese di origine del latte e dei suoi derivati approvato ad ottobre. Il ministro Calenda ha aggiunto: “L’obiettivo dell’Italia è di arrivare ad una disciplina europea in materia di indicazione dell’origine dei prodotti al fine di armonizzare le norme tra tutti gli stati membri e renderle obbligatorie per tutti”. Con la nuova legge si dovrebbero produrre delle etichetta che indicano se il grano è “prodotto in Italia”, o “con farine comunitarie” nel caso provengano anche da altri paesi Ue, o “Con farine extracomunitarie” o “miste comunitarie/extracomunitarie” negli altri casi.
Tutti (o quasi) d’accordo
L’annuncio era nell’aria già da un mese, e dovrà seguire lo stesso iter burocratico dell’etichettatura per il latte. Con l’emanazione del decreto interministeriale ad hoc si chiederà la deroga a Bruxelles rispetto al normale regolamento comunitario. Se la Commissione non dovesse rispondere entro 3 mesi, varrà il principio del silenzio-assenso. Sul grano “la battaglia” potrebbe essere più semplice visto che, a differenza del latte fresco, l’Italia è il principale (se non l’unico) produttore di pasta di semola di grano duro in Europa. Anche la filiera cerealicola italiana, compresi le aziende di molitura e di trasformazione, è d’accordo. Non scontata la posizione dei grossi compratori di grano all’estero, come la Barilla, che da tempo sostiene l’impossibilità di produrre solo con grano italiano per il consumo nazionale. Attorno a questo tema negli scorsi mesi si è consumata una polemica che ha coinvolto produttori, trasformatori, il patron di Eataly, Oscar Farinetti, e il fondatore di Slow Food, Carlin Petrini.
Garanzie per il consumatore
A fine settembre la commissione Agricoltura alla Camera aveva approvato all’unanimità la risoluzione dell’onorevole Colomba Mongiello (Pd) “Iniziative per la tutela del settore del grano duro” che, al primo punto, impegna il governo “a promuovere la tracciabilità e l’indicazione dell’origine nella commercializzazione dei prodotti a base cerealicola, segnatamente della pasta di grano duro, capace di tutelare le scelte del consumatore e fornirgli garanzie sulla vera origine delle materie prime utilizzate, quali il frumento, la fecola e la farina”. Non solo. Nella risoluzione si chiede al il governo di “sostenere e promuovere attività di ricerca per implementare e migliorare la produttività delle colture cerealicole, segnatamente del grano duro e le relative rese proteiche” e anche i metodi di ricerca che possano ridurre l’impiego di pesticidi. A breve si dovrebbe sapere se tali indicazioni siano state inserite tutte nel testo del decreto.