C’è voluta un’associazione animalista come la LAV per far scrivere al Direttore Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute che “i processi produttivi caratterizzanti le pellicce difficilmente risultano standardizzabili”.
Il problema, per la salute umana, è che ci si limiti in conseguenza a chiedere e auspicare, non a imporre come la gravità della situazione certificata richiederebbe di far controllare tutti i capi d’abbigliamento con parti di pellicce animali e di farli ritirare dal mercato, proprio perchè non standardizzabili e quindi non sicuri.
Lasciamo da parte la tragedia dei milioni e milioni di animali uccisi ogni anno per confezionare orpelli a giacche a vento, piumini, cappotti, guanti, berretti. Ma il cloro trivalente ed esavalente rinvenuti fanno male agli umani e in primis ai bambini per i quali erano venduti i capi oggetto della nostra inchiesta ToxicFur2.
Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, lei ne acquisterebbe per i suoi due gemellini? E come si sente sapendo che alcuni dei capi da noi esaminati con sostanze potenzialmente cancerogene D&G e Woolrich sono ancora in commercio solo perchè il giorno in cui i Carabinieri NAS sono andati ad acquistarli, non erano disponibili in un negozio?
Dobbiamo sperare solo nelle autonome decisioni delle società produttrici, come la Spazio Sei di Carpi che aveva prodotto uno dei piumini tossici a marchio Bluemarine e solo oggi, come abbiamo letto sulla Gazzetta di Modena, ha dichiarato che “anche in conseguenza a questa vicenda, abbiamo eliminato dalle nostre produzioni capi che abbiano parti di pelliccia di animali”?
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