Fatture elettroniche, come districarsi

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Dopo la pubblica amministrazione centrale – ministeri, agenzie nazionali, enti nazionali di previdenza, per i quali l’obbligo è scattato il 6 giugno 2014 -, la rivoluzione digitale si è completata coinvolgendo nell’obbligo di fatturazione elettronica anche le amministrazioni locali: dai comuni alle regioni, dalle scuole alle università passando per le Camere di Commercio e le Aziende sanitarie locali.

Dallo scorso 31 marzo, infatti, chi fornisce beni o servizi alla pubblica amministrazione “locale” non può più emettere fatture cartacee per farsi pagare, ma solo documenti in formato digitale, ovvero la cosiddetta fattura elettronica.

Ai fornitori di beni e servizi degli enti pubblici è richiesto, quindi, di dotarsi di software e hardware, firme digitali e sistemi di conservazione sostitutiva a norma di legge, oppure di rivolgersi a un intermediario esterno (imprese Ict, Poste, intermediari finanziari o commercialisti), ai quali delegare l’intera operazione di emissione, trasmissione e conservazione della fattura elettronica.

Il nuovo obbligo ha creato non poche difficoltà, soprattutto alle piccole imprese che nell’immediato devono sobbarcarsi nuovi costi per adeguarsi alla normativa, magari per emettere solo un paio di fatture elettroniche all’anno. Pensiamo all’imbianchino che deve tinteggiare una scuola o all’idraulico chiamato una tantum a sistemare una tubatura in un ufficio pubblico: per loro è certamente una complicazione doversi dotare della necessaria tecnologia per emettere la fattura da inviare all’ente pubblico. È l’innovazione, bellezza, potremmo sentirci rispondere. Eppure, come illustriamo nelle tabelle in cui abbiamo messo a confronto 8 tra le proposte più utilizzate e pubblicizzate del momento per una piccola impresa, le soluzioni economiche – se non anche gratuite – esistono e vi aiutiamo a trovarle.

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Sulla strada dell’innovazione il rischio è quello di perdere qualche pezzo. Le piccole imprese, le ditte individuali, gli artigiani, gli imprenditori agricoli che lavorano solo occasionalmente con la pubblica amministrazione si trovano in difficoltà di fronte all’obbligo della fatturazione economica. I costi di adeguamento, a fronte di poche fatture l’anno, potrebbero non valere la candela, portandoli a rinunciare a lavorare con gli enti pubblici.

Proprio a questi operatori si rivolge l’iniziativa delle Camere di Commercio italiane che, attraverso la propria società di informatica, InfoCamere, ha sviluppato un servizio “chiavi in mano” per piccole e medie imprese. Spiega Paolo Ghezzi, direttore generale di InfoCamere: “È un’opportunità per aiutare le piccole imprese ed evitare che siano costrette a pagare produttori di software un servizio che utilizzeranno solo per poche fatture. Il nostro è un prodotto che si gestisce tutto via web, molto semplice e intuitivo, e soprattutto gratuito”.

Ma per non “viziare” la libera concorrenza è stato posto un tetto massimo di fatture elettroniche che possono essere inviate nel corso di un anno: “Il limite – aggiunge Ghezzi – è di 24 documenti nei 12 mesi, perché il nostro obiettivo è dare una mano a chi gestisce un piccolo numero di fatture con la Pa e non ha né i mezzi informatici né le competenze tecnologiche per utilizzarli in autonomia”. D’altro canto parlano chiaro le stime del Politecnico di Milano, secondo le quali circa 1,8 milioni di imprese italiane emettono meno di 10 fatture l’anno verso la pubblica amministrazione.

NESSUNO RESTI TAGLIATO FUORI

“Ad oggi circa 23mila imprese hanno aderito al nostro servizio in tutta Italia – sottolinea il direttore generale di InfoCamere – per un totale di oltre 52mila fatture elettroniche registrate. E i numeri sono in continuo aumento visto che riceviamo circa 600 adesioni al giorno”.

Ciò significa evidentemente che le Camere di Commercio hanno colto nel segno, intuendo esattamente il target degli operatori economici che avevano bisogno del loro supporto. Ma lo scopo dell’iniziativa va oltre l’alleggerimento degli oneri a carico delle piccole e medie imprese perché mira a preparare il terreno per un’evoluzione culturale ormai avviata. “Il futuro è questo – conclude Ghezzi – e ci impegniamo affinché nessuno resti tagliato fuori. Con il servizio che offriamo vogliamo affiancare chi non ha dimestichezza con le nuove tecnologie e contemporaneamente dargli una formazione, una nuova cultura informatica assolutamente necessaria per stare al passo con i tempi”.