“Se pensa che gli unici rischi per il 5G siano quelli della sicurezza informatica e delle ‘possibili perdite di sovranità determinate dall’affidamento di servizi ad aziende straniere’ vuol dire che non le hanno spiegato bene il problema”. Non è certo un tono diplomatico quello scelto da Agostino Di Ciaula, Presidente del Comitato scientifico di international society of doctors for Environment (Isde Italia), nella lettera aperta destinata al ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio.
Se il 5G fosse un farmaco…
“Se si volesse introdurre in commercio un nuovo farmaco bisognerebbe superare una valutazione preclinica (studi in laboratorio e su modelli in vivo finalizzati a valutare benefici e rischi tossicologici) ed una clinica successiva, – scrive Di Ciaula – divisa in lunghe fasi e subordinata all’autorizzazione di un comitato etico e all’ottenimento di un consenso informato da parte di chi decide, volontariamente, di sottoporsi alla sperimentazione. Questo complesso iter di valutazione, necessario alla luce dell’ancora valido “primum non nocere”, dura in media circa un decennio. Certo, il 5G non è un farmaco, anche se qualcuno ha deciso per noi che migliorerà la nostra qualità di vita”. Secondo il presidente di Isde Italia, il 5G ha effetti biologici ben documentati. “E se il 5G fosse stato un farmaco, proprio a causa delle evidenze disponibili su quegli effetti biologici non avrebbe superato neanche la fase di valutazione preclinica” aggiunge Di Ciaula.
La sperimentazione avviata alla chetichella
Invece, al contrario, grazie alla “sperimentazione” in corso il 5G è già somministrato ad almeno 4 milioni di italiani, come ha raccontato il Salvagente, “senza autorizzazione preventiva di alcun comitato etico, senza consenso informato, senza valutazione preventiva dei rischi e senza adeguati monitoraggi ambientali e sanitari”. E presto il 5G, con le sue frequenze mai sperimentate su così larga scala e con una densità espositiva di un milione di devices per Km2, sarà somministrato anche a tutti gli altri italiani, aggiungendosi al 3G, al 4G ed ai lori effetti. I medici dell’Isde assicurano di non voler ostacolare il progresso o l’evoluzione tecnologica ma invocano un corretto equilibro “tra le nostre reali necessità, i rischi possibili e le esigenze di profitto degli operatori di radiotelefonia. Un minimo di prudenza sarebbe stato opportuno”.
“Perché non sono stati consultati gli organismi sanitari?”
Secondo DI Ciaula, sarebbe stato opportuno che la somministrazione senza consenso informato del 5G fosse stata preceduta da un coinvolgimento concreto degli Enti deputati alla tutela dell’ambiente e della salute pubblica (Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Ministero dell’Ambiente, ISPRA/ARPA), dalla previsione di adeguati protocolli di monitoraggio, da una valutazione di rischio che tenga in adeguata considerazione le evidenze scientifiche disponibili, da una revisione in senso più cautelativo della inefficace normativa vigente e dall’adozione di tutte le misure utili a ridurre l’esposizione soprattutto dei soggetti più vulnerabili.
Nessun allarmismo
“A chi mi accuserà di allarmismo – conclude il presidente dell’Isde -chiedo cosa sia peggio: essere allarmisti semplicemente perché si propone prudenza sulla base delle evidenze scientifiche disponibili o essere incoscienti e sottostimarle o addirittura ignorarle completamente in attesa di possibili danni misurabili solo a posteriori? Le lezioni del passato sono importanti e non imparare dagli errori commessi è un lusso che non possiamo più permetterci”.
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