
La spesa al supermercato è un’azione quasi quotidiana per gli italiani, ma difficilmente ci si ferma a chiedersi cosa muove la massa di prodotti esposti sugli scaffali, cosa si nasconde dietro i passaggi che portano la grande distribuzione organizzata a fatturare decine di miliardi di euro ogni anno. A porsi queste domande e riportare le risposte trovate sono Fabio Ciconte e Stefano Liberti nel libro “Il grande carrello. Chi decide cosa mangiamo” (La terza, pagine 136, 15 euro), appena pubblicato. “Dai rapporti con i fornitori ai contratti con i lavoratori, dai reali costi delle offerte ai segreti del marketing della grande distribuzione” sono tanti gli argomenti trattati. Tra i passaggi più interessanti i meccanismi di pressione che la Gdo impongono ai fornitori, approfittando dei rapporti di forza asimmetrici, imponendo oboli in cambio dell’esposizione della merce, o ribassi sui prezzi, come nel caso delle aste online a doppio ribasso, più volte denunciate da Terra! l’associazione di cui Ciconte è direttore.
La listin fee
Nel capitolo dedicato alle offerte imperdibili e il 3X2, gli autori scrivono: “Districarsi 
Gli altri oboli che la Gdo impone ai fornitori
Ciconte e Liberti aggiungono: “Oltre al listing fee, ci sono poi una serie di altri oboli fissi od occasionali che devono essere versati alla GDO: c’è ad esempio il contributo una tantum per l’apertura di un nuovo punto vendita. In questo caso il ragionamento è semplice: se un gruppo inaugura un negozio chiede ai fornitori di accollarsi parte del suo rischio di impresa. Chiede loro, in pratica, di comportarsi come soci, salvo poi non condividere i dividendi. Ci sono poi gli «sconti di fine anno», spesso imposti retroattivamente dopo la firma del contratto. O altri sconti che le catene decidono di far scattare e impongono a posteriori ai fornitori. Insomma, il tanto sbandierato «sottocosto» non è in capo al supermercato ma agli altri anelli, più deboli e meno visibili, della filiera”.








