Una delle domande che spesso ci poniamo anche da piccoli è “perché piove…”
Senza volere, chi pone questo quesito sta incrociando la “termodinamica” che ci ricorda che il globo tende sempre più al caos, all’entropia e così l’acqua fa lo stesso per cui il ghiaccio si scioglie e l’acqua forma poi del vapore che rappresenta il massimo caos possibile.
Se tutto questo è vero, ma allora perché poi può piovere?
Le nuvole sono di certo caotiche ed entropiche, eppure la pioggia è liquida e proviene dalle nuvole, per cui devo credere che una legge fondamentale della termodinamica sia sbagliata?
Non è così, la risposta al perché piove è che il complesso sistema fatto da nuvole, terra, acqua, vapore, etc. nel suo insieme diventa comunque più caotico e può quindi permettersi la pioggia.
L’agricoltura biologica, se è decontestualizzata dal tutto, sembra illogica con i suoi prezzi al consumo alti, le basse rese di produzione per ettaro, l’uso di alcune sostanze anche sintetiche in campo. Così per lo meno appare dalla descrizione che la senatrice Elena Cattaneo ha affidato ad alcuni suoi articoli che hanno fatto rumore nei giorni scorsi. Se, però, ci solleviamo appena un po’ con la visuale dalla nuda terra, ecco allora che il bilancio complessivo che comprende il riconoscimento economico del lavoro degli agricoltori più equo, un modo per riorganicare i suoli, una strada per salvaguardare il patrimonio acqua etc. rende accettabile l’agricoltura biologica e quindi – sempre per seguire la metafora – può “piovere”.
Gli eccessi, i parossismi sono sempre negativi, sia che siano rivolti in una direzione o nell’altra. Un alto medioevo dell’agricoltura ci farebbe perdere anni di ricerca e di studi accumulati sulle varie pratiche agronomiche, ma è vero anche che accettare l’uso indiscriminato della chimica non rappresenta certo la soluzione migliore.
A livello internazionale è affermato l’approccio “Green Chemistry” dove ad esempio ai fitofarmaci di sintesi persistenti nell’ambiente e non selettivi verso il loro target si cercano alternative meno impattanti e più sostenibili per il pianeta.
La proposta dell’agricoltura integrata è il naturale compromesso tra i due opposti modi di fare agricoltura. È importante però che ci sia la convergenza e la volontà che nei nostri alimenti, siano essi prodotti di sintesi o naturali per intenderci “no al glifosato, no al troppo rame”, vi siano sempre il meno possibile molecole non necessarie e questo per salvaguardare la nostra salute e quella dell’ambiente in cui siamo immersi.
A questo approccio scientifico e ben bilanciato, si devono aggiungere l’educazione alla sana alimentazione, la riduzione degli sprechi di cibo nell’intera filiera, la distribuzione più equa delle risorse alimentari nel nostro pianeta e non ultima l’inversione di tendenza sulle risorse naturali passando dal loro consumo al loro “prestito” dall’ambiente per le nostre necessità per poi restituirle al pianeta.