Carni non dichiarate in etichetta, anche fino a sette specie diverse nello stessa confezione, o proteine animali diverse da quelle reclamizzate che finiscono nel cibo per cani e gatti. La sconcertante verità è contenuta in uno studio dell’Università di Padova che ha sottoposto all’esame del Dna 40 prodotti – umidi e secchi – indicati per diete proteiche di cani e gatti: solo in 10 campioni è stata confermata la corrispondenza tra le carni dichiarate in etichetta e quelle effettivamente rintracciate nelle confezioni; ben 30 campioni “mentivano” sulla composizione della carne. In particolare: 5 campioni non contenevano la specie animale dichiarata, 23 rivelavano la presenza di specie animali non dichiarate e 2 avevano un’etichetta vaga che non consentiva la valutazione della sua accuratezza.
I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica BMC Veterinary Research e tra le carni “aliene” – ovvero non indicate nella lista degli ingredienti – più ricorrenti troviamo maiale, pollo e tacchino. La presenza di specie animali non dichiarate è stata più alta negli alimenti secchi rispetto a quelli umidi. L’analisi è stata condotto con il metodo microarry che consente di verificare la presenza del Dna di 19 specie differenti, bufalo e topo compreso.
Le criticità emerse – che riguardano 3 su 4 dei campioni testati, ovvero il 75% del panel analizzato all’Università di Padova – mette in evidenza una situazione di mercato davvero preoccupante. Senza dimenticare che il tipo di pet food testato è rivolto a animali che soffrono di particolari disturbi o intolleranze e che quindi necessitano di una dieta proteica tout court o idrolizzata.
Nell’articolo non abbiamo riportato i nomi commerciali dei prodotti analizzati perché non pubblicati dalla stessa Università e nemmeno sulla rivista dove è apparsa la ricerca.
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