Il 90% dei liquidi di ricarica per sigarette elettroniche non sono conformi: “l’etichetta non corrisponde alla composizione del prodotto analizzato”, come per esempio la presenza o il tasso di nicotina. Inoltre, il 6% di questi prodotti sono stati ritenuti “pericolosi” perchè privi dell’etichettatura di pericolo o per la mancanza di chiusura di sicurezza per i bambini. È questo il verdetto emesso dalla Direzione generale della concorrenza, consumo e repressione delle frodi francese (Dgccrf) che, dopo aver sottoposto ad analisi 110 liquidi per e-cig e aver riscontrato “numerose anomalie”.
L’autorità ha anche testato 14 caricatori elettrici delle sigarette elettroniche riscontrando ben “13 modelli non conformi, 9 dei quali addirittura pericolosi a causa del rischio di scosse elettriche legate alla mancanza di isolamento”. Queste gravi carenze accertate sia sui liquidi che sui caricatori elettrici hanno motivato, dal 2014 ad oggi, “più di 1.300 sequestri di prodotti” pericolosi e oltre “56.000 ritiri o richiami dal commercio”.
LA DENUNCIA DEL SALVAGENTE
Nel giugno del 2013 il settimanale Il Salvagente pubblicò i risultati dei test di laboratorio condotti dal dipartimento di Farmacia dell’Università Federico II di Napoli su sei liquidi per e-cig riscontrando la presenza di piombo, cadmio, cromo e arsenico, metalli pesanti, tossici o peggio cancerogeni. Dalla nostra denuncia partì un’inchiesta del procuratore di Torino Raffaele Guariniello che, a seguito di ulteriori analisi affidati al Nas, ordino il sequestro di alcuni prodotti “risultati” fuori norma. Dall’inchiesta scaturirono poi ulteriori approfondimenti analitici su un campione molto più ampio di liquide che, in gran parte, confermarono la denuncia iniziale.
Al di là delle concentrazioni rilevate, la cosa preoccupante messa in evidenza dai test del Salvagente fu che in assenza di una normativa di riferimento, che stabilisca le sostanze ammesse e i relativi limiti, nelle ricariche può finire di tutto. E a quanto ci risulta, a distanza di due anni, nulla è cambiato e nessun tipo di intervento normativo è stato varato per “impedire” o “regolamentare” la composizione dei liquidi di ricarica.
Una situazione dunque fuori controllo dove, oltre a una regolamentazione di settore, mancano anche i controlli. Non solo. Senza una valutazione del rischio, nessuno può stabilire gli effetti di una, seppur minima, quantità di arsenico o piombo assorbita dal corpo umano per inalazione. Esistono infatti dei limiti precisi alla concentrazione e le relative dosi giornaliere ammissibili per i metalli pesanti nei cibi, nelle acque e perfino negli aromi alimentari, dove queste sostanze vengono assorbite dal corpo umano per via orale. Per le sigarette elettroniche invece non esistono limiti normativi ai metalli pesanti, sostanze che in questo caso vengono assorbite per inalazione e per le quali, in assenza di studi e verifiche, nessuno può misurare se e come si modifica il loro tasso di tossicità . E le conferme che giungono dalla Francia sembrano rimettere l’accento sulla necessità di un intervento legislativo.
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