
Isde, Associazione medici per l’ambiente, chiede che si facciano nuovi studi per chiarire una volta per tutte se tra l’esposizione al glifosato e l’aumento dei casi di celiachia ci sia una relazione di causa-effetto
Il glifosato può favorire la celiachia? O meglio, tra l’esposizione al glifosato e l’aumento di casi di celiachia c’è una relazione di causa-effetto? Purtroppo non c’è ancora una risposta certa a questa domanda, nonostante diversi studi sperimentali suggeriscano che il glifosato e alcune sue formulazioni possano alterare le comunità microbiche. È per questo che Isde, l’Associazione medici per l’ambiente, chiede che si facciano al più presto studi rigorosi per chiarire una volta per tutte questa relazione.
“Data la diffusione ubiquitaria dell’esposizione al glifosato, l’importante impatto sanitario della celiachia e il ruolo centrale del microbioma nell’immunità mucosale e nella tolleranza orale, questa ipotesi è troppo rilevante per essere scartata sulla base di studi preliminari imperfetti” afferma Giovanni Ghirga, pediatra di Isde Italia, che abbiamo raggiunto al telefono. “Sebbene oggi non vi sia motivo di modificare le raccomandazioni cliniche è doveroso investire in ricerche di alta qualità che possano risolvere questa questione – ha aggiunto Ghirga – Se esistesse un effetto, anche modesto ma reale, nei soggetti geneticamente suscettibili ad un meccanismo di disbiosi intestinale, chiarirlo avrebbe importanti implicazioni per la prevenzione e la regolamentazione della celiachia. Se invece gli studi dimostrassero l’assenza di effetti in questa direzione, sarebbe un risultato di altrettanto valore per pazienti, clinici e decisori politici”.
La richiesta di Isde è chiara: oggi sono sempre più numerosi i casi di celiachia e, dall’altro lato, l’esposizione al glifosato è a livelli elevatissimi; per questo diventa ancora più urgente stabilire se esiste una relazione di causa-effetto tra le due cose.
“Partendo dal principio di precauzione, chiediamo che non si chiuda la porta a ulteriori studi e che ci sia una valutazione chiara. È fondamentale sapere qual è quell’elemento ambientale scatenante, che favorisce in soggetti geneticamente predisposti l’insorgere della celiachia. In assenza di studi che chiariscano questo non potremo mai avere una protezione reale della popolazione”.
In un servizio del Salvagente abbiamo elencato tutti i principali studi che analizzato gli effetti sulla salute umana dell’esposizione al glifosato. Tra questi ci sono gli studi sugli effetti di alterazione del microbiota intestinale:
- l’articolo di novembre 2020 sul Journal of Hazardous Materials riporta che circa il 54% delle specie nel nucleo del microbioma intestinale umano sono “potenzialmente sensibili” al glifosato. Con una “grande proporzione” di batteri nel microbioma intestinale sensibili al glifosato, l’assunzione di glifosato “può influenzare gravemente la composizione del microbioma intestinale umano”, hanno detto gli autori nel loro articolo.
- una revisione della letteratura del 2020 sugli effetti del glifosato sul microbioma intestinale conclude che “i residui di glifosato sul cibo potrebbero causare disbiosi, dato che i patogeni opportunisti sono più resistenti al glifosato rispetto ai batteri commensali”. Il documento continua: “Il glifosato può essere un fattore scatenante ambientale critico nell’eziologia di diversi stati patologici associati alla disbiosi, tra cui la celiachia, la malattia infiammatoria intestinale e la sindrome dell’intestino irritabile. L’esposizione al glifosato può anche avere conseguenze per la salute mentale, tra cui ansia e depressione, attraverso alterazioni nel microbioma intestinale “.
- uno studio sui ratti del 2018 condotto dall’Istituto Ramazzini ha riportato che l’esposizione a basse dosi a Roundup a livelli considerati sicuri ha alterato in modo significativo il microbiota intestinale in alcuni dei cuccioli di ratto.








