Il bisfenolo nei contenitori cala ma abbondano alternative dubbie

BISFENOLO
Canned food on white background. Green pea, beans, corn, lentils.

Il centro veterinario tedesco da oltre dieci anni analizza il contenuto di bisfenolo nei contenitori per alimenti e bevande. Negli ultimi anni ha visto calare sensibilmente il probabile interferente endocrino. A sostituirlo però additivi che potrebbero essere ugualmente rischiosi

Negli ultimi anni, il tema della contaminazione da bisfenolo A (BPA) negli alimenti in scatola è stato oggetto di crescente attenzione. Secondo le analisi condotte dal CVUA (Centro per la Sicurezza Alimentare e Veterinaria tedesco), i livelli medi di BPA rilevati nei contenitori alimentari sono diminuiti in modo significativo, un progresso che testimonia l’impatto delle normative sempre più stringenti e dell’innovazione tecnologica. E la coscienza dei consumatori, sempre più informati sui pericoli di questo probabile interferente endocrino. Tuttavia, la strada verso una soluzione completamente sicura sembra ancora lunga: le alternative al BPA, oggi più diffuse, non convincono pienamente sotto il profilo della sicurezza.

I risultati delle analisi: meno BPA negli alimenti in scatola

I dati raccolti dal CVUA mostrano una chiara riduzione della presenza di BPA nei contenitori

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Valori massimi di BPA per anno di analisi (curva blu superiore) e valori medi (curva verde inferiore) in µg/kg di alimenti; linea tratteggiata rossa: il limite attualmente in vigore (limite specifico di migrazione per BPA). Fonte: CVUA

alimentari. Negli ultimi cinque anni, il valore medio di BPA rilevato nei campioni è passato da 21 µg/kg nel 2020 a soli 4 µg/kg nel 2024. Anche i valori massimi hanno subito un calo drastico: se nel 2020 alcune lattine contenevano quasi 300 µg/kg di BPA, i campioni più recenti non hanno superato i 21 µg/kg.

Questo calo è il risultato di un duplice sforzo: da un lato, l’industria ha adottato rivestimenti interni alternativi, cercando di ridurre l’uso di resine epossidiche a base di BPA; dall’altro, la crescente pressione normativa ha stimolato l’abbandono di materiali problematici. Il limite attuale, fissato a 50 µg/kg, è stato rispettato quasi universalmente negli ultimi anni.

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Il problema delle alternative: sono davvero sicure?

Sebbene il calo del BPA nei contenitori sia un segnale positivo, i sostituti utilizzati sollevano nuove preoccupazioni. Le analisi del CVUA hanno evidenziato che molti contenitori presentano derivati del BPA, come prodotti di idrolisi del BADGE o del ciclo-di-BADGE. Questi composti sono utilizzati per ottenere rivestimenti “privi di BPA” secondo le metodologie analitiche attuali, ma non è ancora chiaro se possano rilasciare BPA nell’organismo dopo l’ingestione degli alimenti.

Dal momento che non è ancora chiaro se questi derivati possano rilasciare BPA nell’organismo, è previsto che anche il BADGE venga vietato per contenitori di capacità inferiore a 250 litri.

Negli ultimi cinque anni, il 69% delle lattine analizzate conteneva uno o più derivati del BPA. Di fatto, due terzi delle lattine oggi disponibili sul mercato potrebbero essere rimosse a seguito di ulteriori restrizioni normative.

La sfida delle alternative prive di bisfenoli

L’industria sta già sperimentando nuovi rivestimenti completamente privi di bisfenoli, che promettono di rispettare le esigenze tecnologiche e normative. Tuttavia, il passaggio a queste alternative non è privo di difficoltà. Da un lato, non tutte le nuove tecnologie soddisfano i requisiti di durata e protezione dei prodotti alimentari. Dall’altro, la sicurezza di questi nuovi materiali è ancora da valutare. L’EFSA dovrà condurre analisi tossicologiche approfondite per garantire che le alternative non rappresentino un nuovo rischio per la salute.